L'allarme del Papa ai vescovi italiani «Troppi gay nei seminari, vigilate»

L'allarme del Papa ai vescovi italiani «Troppi gay nei seminari, vigilate»
CITTÀ DEL VATICANO - Lunedì scorso, all'Assemblea della Cei, il Papa ha riversato sui vescovi italiani alcune preoccupazioni. La crisi delle vocazioni, il...

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CITTÀ DEL VATICANO - Lunedì scorso, all'Assemblea della Cei, il Papa ha riversato sui vescovi italiani alcune preoccupazioni. La crisi delle vocazioni, il bisogno di accorpare le diocesi piccole e l'uso trasparente dell'8 per mille da parte dei vescovi. Poi si sono chiuse le porte, le telecamere sono state fatte uscire, i giornalisti pure, e si è svolto un franco dibattito tra il Pontefice e l'episcopato italiano. E' stato allora che Francesco ha esplicitato la sua quarta preoccupazione. «Il problema dell'omosessualità». A suo parere la presenza di un discreto numero di preti o seminaristi gay è un fattore destabilizzante che dovrà essere affrontato con decisione nelle diocesi e risolto attraverso un percorso specifico, un po' come è stato fatto per la piaga della pedofilia. «Abbiamo affrontato la pedofilia e presto dovremo confrontarci anche con quest'altro problema» ha sintetizzato, chiedendo di «vigilare» su seminari e aspiranti seminaristi.


GIUDIZI

In passato Bergoglio aveva toccato il delicato argomento - su come affrontare la condizione dell'omosessualità nella Chiesa - pronunciando la famosa frase, «chi sono io per giudicare un gay?». La domanda che gli era stata posta, due anni fa, durante un volo aereo riguardava l'esistenza o meno di una lobby gay in Vaticano, con riferimento ad un caso specifico. Francesco rispose con grande semplicità: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il Catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte. Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema semmai è fare lobby». Qualche mese dopo, nel 2016, durante un incontro dei religiosi latinoamericani, a porte chiuse, ammise effettivamente l'esistenza della famosa lobby gay. «Nella curia ci sono persone sante, ma c'è anche una corrente di corruzione. Si parla di una lobby gay, ed è vero, esiste». Interpellato dalla France Presse, l'allora direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, dichiarava laconico: «E' stato un incontro privato, non ho commenti da fare». Come affrontare la condizione degli omosessuali tra il clero, a partire dal loro ingresso in seminario, tenta di spiegarlo padre James Martin, un gesuita americano, in questi giorni impegnato a presentare in Italia un libro sull'omosessualità. A suo parere è possibile, da un punto di vista dottrinale e teologico, essere gay e bravi preti. «Conosco decine di ottimi religiosi gay che vivono una vita di castità. Alcuni sono stati mie guide spirituali o miei superiori. Ma voglio essere chiaro in modo da non essere frainteso: intendo che sono gay ma non sessualmente attivi». Il dibattito è destinato ad andare avanti. Secondo altri teologi questa posizione non tiene conto dei documenti ancora in vigore che sono stati licenziati dai dicasteri vaticani sotto i pontificati precedenti. Per esempio l'«Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della ammissione al seminario», un testo del 2005 contenente un rimando esplicito al Catechismo . Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero