La laicità perduta/ Garantire i diritti senza guerre di religione

La laicità perduta/ Garantire i diritti senza guerre di religione
L’appoggio dato dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al Family day, la manifestazione prevista a Roma il 30 gennaio, sarà certamente legittimo. Dopo...

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L’appoggio dato dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al Family day, la manifestazione prevista a Roma il 30 gennaio, sarà certamente legittimo. Dopo essersi pronunziata sui temi più disparati della “civitas hominis” - economia, ecologia, finanze e tributi, urbanistica ecc. - sarebbe ben strano che la Chiesa tacesse su un argomento che tocca da vicino il quarto comandamento: onorare, appunto, il padre e la madre. Eppure esso rischia di innescare, ancora una volta, una sorta di dibattito suscettibile di trasformarsi in lotta di religione. E di questo sinceramente non si sente il bisogno.


Posso sbagliare, ma credo che la Chiesa avrebbe mantenuto un atteggiamento di paziente e rassegnata cautela se il programma di novazione legislativa si fosse limitato alle cosiddette unioni civili. In fondo, l’omosessualità non è mai stata trattata, nella morale cattolica, peggio di altri peccati di simile natura. L’onanismo e l’adulterio erano motivi di dannazione eterna, oltre che - dove la Chiesa era influente - di pesantissime sanzioni penali. Questi comportamenti, ormai, per lo Stato giuridicamente indifferenti, non sono nemmeno più al vertice dei peccati mortali. Quanto alla pedofilia, si è visto con quanta riluttanza tardiva sia stata affrontata. No, davanti alla certificazioni dell’unione tra gay credo che i vescovi, sia pure tra sospiri di rammarico, avrebbero evitato in silenzio un conflitto di esito peraltro già scontato.

 

Le cose, tuttavia, cambiano se oltre al destino giuridico di omosessuali maggiorenni che mirano a una disciplina codificata della convivenza, il legislatore interviene sul futuro di nascituri, o di minori, che possano essere adottati da questo nuovo tipo di consorzio civile. Usiamo volutamente questa parola perché, prima ancora che la Chiesa si pronunciasse sul tema, il diritto romano aveva già qualificato il matrimonio (tra uomo e donna) come “consortium omnis vitae”.

E poiché i romani di omosessualità se ne intendevano ( Cesare era chiamato moglie di tutti i mariti e marito di tutte le mogli) il problema se l’erano evidentemente posto. E l’avevano risolto con una forma di adozione che, soprattutto nel periodo degli Antonini, aveva dato eccellenti risultati. Ma si trattava, appunto, di un istituto che prescindeva completamente sia dal matrimonio che dalle preferenze sessuali dell’adottante e dell’adottato.

Perché facciamo questi pedanti riferimenti storici? Perché ancora una volta vorremmo che un problema così delicato fosse affrontato in termini pacati, razionali e possibilmente laici, prescindendo dalle indicazioni ecclesiastiche che, per quanto legittime, non debbono interferire nelle scelte parlamentari. Anche perché sono gli stessi laici che rischiano di farsi trascinare in un conflitto che, da etico-religioso, minaccia di degenerare in guerra politica. Ripetiamolo.

Primo. Per migliaia di anni, in tutte le latitudini e in tutte le civiltà, l’officio educativo è stato affidato (laddove possibile) a padre e madre. Secondo. La nostra Costituzione all’articolo 29 definisce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e all’articolo 30 disciplina la paternità e la sua ricerca ( a proposito: ma credete veramente che Togliatti e Terracini, per non parlare di De Gasperi e Saragat, potessero lontanamente pensare a un’adozione da parte di gay?).


Terzo. Nella tradizione culturale laico-illuministica ogni forma educativa diversa da quella impartita dalla famiglia tradizionale è stata sempre guardata con sospetto e sarcasmo, anche quando proveniva da filosofi come Platone, Campanella e Rousseau. Bene. Se queste tre proposizioni sono vere, e credo sia difficile contestarle, vale la pena di innestare una sorta di guerra di religione su un argomento che andrebbe trattato con rigore etico e soprattutto logico? Non solo per la doverosa attenzione alle aspettative degli aspiranti genitori, ma anche per la riverente cura degli interessi di chi, nascituro o bambino, oggi non si può pronunciare.
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Il Messaggero