Il disegno politico dell’Italia per sconfiggere l’Isis in Libia, e conquistare una posizione di primo piano nella ricostruzione di quel Paese, è un capolavoro...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Questo non significa che l’Italia non sia odiata. Significa che è meno odiata di altri, e siccome l’Isis ha risorse limitate, preferisce investirle contro i Paesi che odia di più. Ecco perché, finora, ha colpito Parigi e Bruxelles, ma non Roma. La seconda mossa dell’Italia consiste nell’attesa strategica della distruzione dell’Isis in Medio Oriente, che non è poi così lontana. Come abbiamo documentato il 29 marzo su queste pagine, l’Isis è in caduta libera. Mentre perde soldi e territori, la Russia e gli Stati Uniti organizzano l’attacco contro Mosul e Raqqa, dove si trova al Baghdadi, che sono le capitali dell’Isis in Iraq e in Siria.</CP> Vi è differenza tra l’attaccare le milizie jihadiste in Libia, sapendo che possono contare sul sostegno di Raqqa e Mosul; e attaccarle sapendo che al Baghdadi si trova sotto una pioggia di bombe. Se attaccassimo oggi, i foreign fighters si dirigerebbero verso Sirte.
Se attaccassimo domani, si rivolgerebbero verso Raqqa, che ha la precedenza su qualunque altra roccaforte dello Stato Islamico. La terza mossa dell’Italia, divenuta estremamente difficile dopo la tragica morte di Giulio Regeni, consiste nel bilanciare l’asse che si sta creando tra la Francia e l’Egitto, che spiega bene la visita a sorpresa del ministro Gentiloni a Tripoli, dove ha incontrato il premier designato, Fayez al Sarraj. L’Egitto ambisce ad avere un ruolo di primo piano nel futuro della Libia e si sta preparando, politicamente e militarmente, per competere con l’Italia. Nel febbraio 2015, ha comprato ventiquattro aerei “Rafale”, tra i caccia più sofisticati al mondo, nell’ambito di un accordo commerciale con la Francia del valore di 6 miliardi di dollari. I primi tre caccia sono arrivati in Egitto a luglio 2015, anticipati dalle dichiarazioni di Hollande, che ha espresso tutto il suo sostegno e la sua amicizia ad al Sisi. Sotto il profilo militare, il governo Renzi è in una posizione più debole dell’Egitto perché deve dare ascolto alla maggioranza degli italiani che è contraria a essere coinvolta in qualunque tipo di guerra.
Al Sisi, invece, essendo un dittatore, non è ossessionato da ciò che pensano gli egiziani, e si arma a più non posso. Un primo assaggio della vocazione bellica del presidente dell’Egitto, che è un generale dell’esercito, è giunto il 16 febbraio 2015, quando ha effettuato numerosi bombardamenti aerei sulle postazioni dell’Isis a Derna e a Sirte. Se al Sisi ha comprato tutti quei caccia dalla Francia è perché intende usarli. Questo significa che l’Italia, essendo un Paese con una fortissima vocazione pacifista, ha una strategia basata sull’aiuto militare indiretto. L’Egitto, invece, ha una strategia basata sull’azione militare diretta che, in genere, è il modo più rapido di penetrare in un Paese straniero in via di ricostruzione, ma anche di legittimare un dittatore che si identifica nella forza. Il futuro è chiaro: al Sisi è destinato a diventare un avversario sempre più temibile per gli interessi italiani nel Mediterraneo perché, abile nell’arte del governare, sa essere “leone”, per impaurire i lupi, e “volpe”, per riconoscere le trappole.
La forza del leone è visibile, ma l’astuzia della volpe è stata abilmente nascosta dalle violenze sul corpo di Regeni.
Il Messaggero