L'80 per cento dei 300 delitti di sangue che dagli anni Ottanta ad oggi sono ascrivibili alla mafia del foggiano «sono ancora irrisolti» cioè senza un...
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Un radicamento che in alcuni contesti «è così forte, da produrre una generalizzata omertà», che in alcuni casi diventa «connivenza» se non addirittura «consenso». Non è un caso che dal 2007 non ci sono più pentiti e che le denunce sono «pressochè inesistenti»; peraltro «i pochi cittadini che le presentano quasi sempre in sede processuale ritrattano». Gli imprenditori vittime di estorsioni negli ultimi anni sono passati addirittura a «un atteggiamento di volontaria sottomissione al fenomeno mafioso»: spesso sono loro stessi a recarsi autonomamente dal mafioso per pagare il pizzo, «anticipandone in tal modo la richiesta». E lo fanno «non per lucrare vantaggi», ma nella consapevolezza che la loro attività e la loro stessa vita «non possono affrancarsi dalla protezione mafiosa».
La mafia foggiana, quella garganica e quella di Cerignola hanno in comune la capacità di coniugare tradizione e modernità: «la tradizione - spiega il documento, che ha come relatori i consiglieri Ercole Aprile, Antonello Ardituro e Paola Balducci- è quella del 'familismo mafiosò tipico della 'ndrangheta e della ferocia spietata della camorra cutoliana; la modernità, invece, è la vocazione agli affari, la capacità di infiltrazione nel tessuto economico-sociale, la scelta strategica di colpire i centri nevralgici del sistema economico della provincia, e cioè l'agricoltura, l'edilizia e il turismo».La riprova sono recenti inchieste che «hanno dato conto della capacità della mafia foggiana di infiltrarsi nella pubblica amministrazione». Magistratura (che pure deve fare i conti con una «forte percentuale di posti scoperti», fenomeno «da affrontare al più presto») e polizia «sono impegnate in una continua opera di prevenzione e contrasto delle attività criminose, che già portato all'accertamento delle responsabilità penali di numerosi esponenti dei clan». Ma prima di tutto, avvertono i consiglieri del Csm, bisogna «rompere l'omertà», con l'azione sinergica di tutte le istituzioni. Serve «l'impegno di quanti ricoprono incarichi pubblici», che devono essere innanzitutto capaci di «espungere chi al loro interno si è dimostrato permeabile ad influenze criminali». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero