FERMO - Era ancora vivo, Emmanuel, quando martedì 5 luglio, sopraggiunsero in via XX Settembre due vigili urbani. Era lì, agitato, per la colluttazione appena...
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La loro testimonianza rappresenta un punto fermo nell’indagine sull’omicidio preterintenzionale contestato ad Amedeo Mancini, il 39enne di Fermo che da una settimana è in carcere. Il loro racconto collima esattamente con quello degli altri testimoni presenti, quattro in tutto oltre appunto ai due vigili. Si tratta di quattro donne. Due di loro sono considerate testi chiave in quanto hanno assistito alla lite e hanno raccontato per filo e per segno la dinamica, compreso il dettaglio, non secondario, del palo segnaletico scagliato da Emmanuel contro Mancini e non viceversa.
Testimoni ritenute di sicura credibilità sia dalla Procura che dal Gip e che smentiscono la vedova di Emmanuel, Chinyery, che aveva raccontato un’altra storia ovvero che a scagliarsi con violenza contro lei e il marito, che avevano solo chiesto verbalmente conto dell’insulto razzista, era stato Mancini. Non è così, tanto che ora la stessa nigeriana (la sua versione è stata rilanciata con forza da don Vinicio Albanesi), potrebbe rischiare l’incriminazione per calunnia, visto che non ha mai ritrattato la sua versione. Come confermato ieri dalla Procura che ha smentito che Chinyere abbia fornito nuove versioni rispetto a quella già messa a verbale.
Le altre due testimoni sono un’operatrice dello Sprar e un’insegnante di italiano. Entrambe sono testi di secondo piano essendo arrivate un attimo dopo le prime due. Tuttavia una, L.P. 31 anni di Fermo, dice di aver visto la donna di colore «colpire Amedeo sulla nuca, usando una scarpa che recava in mano». L’altra E.D.V, l’insegnante di 28 anni, aggiunge di aver visto Mancini ed Emmanuel picchiarsi e la donna di colore «particolarmente agitata e, credo, spaventata».
I dettagli forniti nel complesso dalle quattro donne e dai due agenti della municipale, unitamente a quanto racconta Andrea Fiorenza, ovvero l’amico di Mancini che si trovava con lui in quel maledetto pomeriggio del 5 luglio, chiariscono la dinamica di quanto accaduto. A sostenere una versione diversa resta soltanto Chinyery.
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Il Messaggero