Il processo Eternit del tribunale di Torino a Stephan Schmidheiny, accusato di omicidio volontario per la morte da amianto di 258 persone, può andare avanti. È...
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Non basta un concorso formale tra reato già giudicato e quello ancora da giudicare per far scattare il ne bis in idem, dice in sostanza la Consulta nella sentenza n. 200 depositata oggi, relatore Giorgio Lattanzi. E se da una medesima condotta, già giudicata, scaturisce una nuova morte, questa «è un nuovo evento in senso storico». Era stato il gup, Federica Bompieri, il 24 luglio 2015, a sollevare questione di costituzionalità di fronte alla Corte Costituzionale sull'articolo 649 del codice di procedura penale che disciplina il divieto di un secondo giudizio per il medesimo fatto. Il processo era stato sospeso in attesa della Consulta: la decisione odierna non solo lo fa ripartire, ma lascia aperte molte porte rispetto all'esito, sia per quanto riguarda i nuovi casi di morte al centro del dibattimento, sia per quei 186 già oggetto del primo processo.
Schmidheiny, infatti, era già stato processato per disastro ambientale doloso e ne era uscito indenne perché la Cassazione ha stabilito che il reato è prescritto. Fatto che suscitò tra l'altro molte polemiche e aprì un dibattito politico sia sulla necessità di rivedere le pene per i reati ambientali, come è avvenuto, sia sulla prescrizione, sulla cui riforma è in atto un confronto anche in queste ore. La difesa di Schmidheiny ha sempre sostenuto che il nuovo procedimento è solo una ripetizione del primo. E qui entra in gioco il «né bis in idem» su cui il Gup di Torino ha chiesto l'intervento chiarificatore della Corte Costituzionale. Ora la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'art. 649 «nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale».
L'esistenza o meno di questo nesso formale è «un fattore ininfluente» - scrive la Corte - rispetto al ne bis in idem, principio che richiede una declinazione più articolata sulla base del dettato costituzionale e, su questo piano, chiama in causa lo stesso giudice.
La Consulta ha dichiarato «fondate le questioni sottoposte dal tribunale di Torino» sul 'ne bis in idem', afferma lo staff dell'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny in merito al processo Eternit bis. In un comunicato si sostiene che il procedimento dovrà proseguire solo per 72 dei 258 casi di morte contestati dalla procura di Torino. Secondo l'entourage di Schmidheiny la Consulta ha rilevato che «186 delle 258 vittime sono già state oggetto del primo processo Eternit» e «riproporre una nuova imputazione per tali casi significherebbe ledere il principio del ne bis in idem». Sempre secondo lo staff dell'imprenditore elvetico la Corte ha «invitato il tribunale di Torino a dichiarare il non luogo a procedere per i 186 casi di soggetti deceduti». Per gli altri 72 «la difesa dimostrerà nuovamente che l'accusa di omicidio volontario è del tutto inconsistente e che un secondo processo è inammissibile».
«Nel primo processo Eternit sia i giudici sia il procuratore avevano presentato Stephan Schmidheiny come un assassino di massa, un killer seriale e un terrorista adducendo le oltre 3.000 vittime come esempio di tale comportamento», prosegue lo staff dell'imprenditore svizzero sottolineando che è proprio questo a dimostrare che «il tribunale aveva già giudicato Schmidheiny per la totalità delle vittime». Si tratta, in ogni caso, di «imputazioni illogiche». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero