Nessun governo del mondo può permettersi di subire un numero indefinito di attentati terroristici, senza modificare il proprio rapporto con i paesi confinanti, e con i...
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Tutti i cittadini uccisi sul suolo americano, dopo l’11 settembre 2001, sono morti per mano di qualche individuo disperato, come i fratelli Tsarnaev, che realizzarono la strage della maratona di Boston, il 15 aprile 2013. Quanto all’Inghilterra, la strage del 7 luglio 2005 contro la metropolitana di Londra è rimasta un caso isolato. Il soldato Lee Rigby, ucciso a Londra il 22 maggio 2013, fu investito con un auto da due disperati, proprio come i fratelli Tsarnaev.
La Spagna, dopo la strage contro i treni di Madrid dell’11 marzo 2004, non è stata più colpita. Anche gli attentati di Parigi non hanno cambiato il mondo. I rapporti tra le potenze occidentali sono gli stessi, l’Isis continua a esistere e la strategia per combatterlo non è cambiata. Questo ci ha indotto a concludere che il terrorismo perde sempre. Pia illusione. Che a rivendicare l’attentato di Ankara siano i terroristi curdi o quelli dell’Isis, la Turchia non sarà più la stessa. Un governo che abbia subìto così tanti attentati terroristici in pochi mesi, e che è sicuro di subirne molti altri, è costretto a modificare il rapporto con i propri vicini. Se il vicino è un paese amico, occorre poco, ma il problema – per il mondo intero – è che il paese in cui si nascondono i terroristi che colpiscono la Turchia è la Siria ovvero un paese nemico, dilaniato da una guerra, dove la Russia, in seguito all’abbattimento di un suo aereo da parte dei turchi, ha installato il sistema missilistico S-400, il più sofisticato che abbia, proprio al confine con la Turchia, in attesa di vendetta.
Come George W. Bush ebbe la pretesa di invadere due interi paesi – l’Afghanistan e l’Iraq – per difendere gli americani che passeggiavano a New York, sarà sempre più difficile impedire alla Turchia di invadere quella parte della Siria, da cui provengono i pericoli per coloro che passeggiano per le strade di Ankara. È vero che la politica internazionale è il regno della disuguaglianza e dell’ingiustizia, dove ad alcuni Stati è consentito di fare ciò che ad altri è proibito, ma per quanto tempo ancora la diplomazia internazionale riuscirà a impedire alla Turchia di sconfinare in Siria, come Israele sconfinò in Libano, per difendersi contro i pericoli che provenivano da quel paese alla sua sicurezza nazionale?
UN FRENO ALL’IMPETO MILITARE Finora, la Turchia ha frenato il suo impeto militare per impedire un’escalation del conflitto con la Russia che, se attaccasse la Turchia, sarebbe attaccata dalla Nato, ma appare evidente che il potere dei terroristi di condizionare gli avvenimenti in Medio Oriente è maggiore di quello che hanno in Europa.
Il Messaggero