Sarà colpa del Rosatellum, sarà perché per la prima volta l’Italia va a votare con una legge elettorale in cui la maggior parte dei seggi viene...
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Questo perché una legge totalmente nuova e mai messa alla prova dei fatti, lascia aperte mille incognite. E perché i sondaggi, pur dando in vantaggio il centrodestra, scommetto che dopo il 4 marzo in Parlamento non ci sarà una maggioranza in grado di formare un governo.
Ecco, allora, che c’è chi narra di un Berlusconi preoccupato. E non per la performance di Forza Italia, data tra il 16 e il 18%, ma per quella del Pd di Matteo Renzi. La ragione: se i dem andassero troppo male sarebbe possibile formare un governo di unità nazionale o di larghe intese.
Ecco Marco Minniti già prevedere una sua partecipazione a un esecutivo di tal fatta se il Pd vi dovesse entrare. Ecco Paolo Gentiloni garantire ad Angela Merkel che l’Italia dopo il 4 marzo un governo ce l’avrà. Da capire, come si è visto, come. E quando. E poi c’è a destra Giorgia Meloni che organizza una manifestazione anti-inciucio (disertata da Berlusconi e Salvini). E c’è Salvini che già teme una scissione, guidata da Bobo Maroni, nel caso fossero com’è probabile indispensabili i voti di almeno una parte dei parlamentari leghisti.
Guardando a sinistra Liberi e Uguali (Grasso e Boldrini) litigano su un’improbabile alleanza con Luigi Di Maio. Massimo D’Alema, invece, si alambicca con il governo del presidente. Vale a dire: un esecutivo sotto la regia e l’ala protettrice del Quirinale. Insomma, i giochi nei Palazzi non sono ancora cominciati, ma ci si comincia ad allenare. Il rischio è che i politici (e gli elettori) arrivino al momento della verità un po’ spompati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero