MILANO Poche ore al verdetto. «Sono sereno perché sono consapevole di aver fatto tutto quello che era nelle mie facoltà. Ho fatto il mio dovere e sono...
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SCONFITTO DALLA MORTE
Fino all’ultimo, ha ripetuto nella sua deposizione in aula, Cappato era pronto a caricare dj Fabo in macchina e a tornare a Milano: «Se vuoi ti riporto indietro, gli dicevo. Ma la sua volontà era fortissima». La compagna Valeria Imbrogno racconta del suo «sciopero della fame e della parola quando ha capito che stavano tergiversando sulle procedure per la clinica», la madre Carmen Carollo ricorda la sua caparbietà: «”Mamma, io voglio andare in Svizzera, voglio morire, lo devi accettare”. Parlava solo della Svizzera, era un incubo». Disperato, arriva a implorare un operatore sanitario che lo assiste: «Fai finta di aver lavorato male e fammi morire». E confida a Cappato: «Se non riesco a morire chiamerò un sicario. Mi sento sconfitto dalla signora morte, è un match che non riesco a vincere». Alla fine ha raggiunto Zurigo e a guidare la macchina era proprio l’esponente radicale. «Io spero che i giudici possano stabilire che la condanna con sanzioni pesanti dell’aiuto alla morte volontaria, senza nemmeno fare distinzioni se la persona è malata in maniera irreversibile e sottoposta ad accanimento terapeutico, è una violazione dei principi di libertà fondamentali», dice. «Oppure spero che il discorso venga rinviato davanti alla Corte Costituzionale: sarebbe una soluzione per rivedere finalmente una legge fatta durante il fascismo che non fa distinzioni per quanto riguarda la morte volontaria, a prescindere dalle condizioni della persona».
DIRITTO AL SUICIDIO
Tre i possibili verdetti: una sentenza di assoluzione, come ha chiesto la stessa Procura al termine della requisitoria del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e della pm Sara Arduini, una condanna o la trasmissione degli atti alla Consulta per valutare la legittimità costituzionale del reato contestato.
Il Messaggero