Trump è alla vigilia dei suoi primi cento giorni e la sua presidenza, per quanto ancora alle battute iniziali, non manca di essere controversiale. Se il bilaterale con il...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
La posizione ufficiale del nostro Paese è sul tema chiara e lineare. L’Italia ha sempre condiviso la necessità di un’equa ripartizione degli oneri per la sicurezza e difesa collettiva tra tutti gli alleati della Nato. Nel limite delle sue possibilità, infatti, ogni alleato deve fare la sua parte non solo per colmare le carenza militari esistenti, ma anche per renderle disponibili, quando necessario, per le operazioni dell’Alleanza. La sfida resta quella di migliorare anche l’aspetto quantitativo dell’investimento per la difesa. Ad oggi infatti le spese reali ammontano a circa 1,12% rispetto al Pil e comprendono però tutte i costi imputati al ministero della difesa, incluso il capitolo (non irrilevante) dei Carabinieri che però è davvero molto difficile spiegare come possa essere considerata una spesa strettamente legata alla difesa.
L’obiettivo di investire almeno il 2% del Pil è chiaramente un obiettivo lontanissimo ed è difficile immaginare che Trump possa davvero attendersi un raddoppio delle spese italiane. Tuttavia, governo e parlamento commetterebbero un grande errore nel sottovalutare l’importanza di maggiori investimenti per la sicurezza internazionale. L’Europa e l’Italia stessa sono al centro di diversi scenari di crisi che mettono in serio pericolo la stabilità delle aree ai nostri confini meridionali ed orientali. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha già dimostrato che non riuscirà, come Obama, a disingaggiare gli Stati Uniti rispetto al loro ruolo guida a livello globale. Allo stesso modo, però, Washington non è più disponibile a farsi carico di tutti gli oneri.
Questo per l’Europa significa maggiori responsabilità e maggiori costi. La Germania ha però già colto che proprio nella difesa vi è l’opportunità di costruire un ruolo più rilevante nella politica estera (e in quella industriale). In una fase storica come questa di grande e crescente instabilità, anche per l’Italia si tratterebbe di mettere da parte la retorica anti Nato, anti F-35, anti industria della difesa, e invece rilanciare. Non nell’ottica delle maggiori spese per la finanza pubblica, ma con l’obiettivo di realizzare investimenti che possano dare risultati sia in termini di sicurezza e relazioni internazionali che in termini di crescita economica. Trump ha lanciato un sasso che forse sarebbe utile non lasciare affondare nello stagno della politica italiana. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero