Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump rompe il silenzio dopo il test missilistico fallito da Pyongyang e torna a twittare, affermando che la Cina sta lavorando con gli Usa...
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La Corea del Nord ha fallito il nuovo lancio missilistico, a poche ore dalla parata militare a Pyongyang in cui il regime di Kim jong-un ha messo in campo una delle più imponenti dimostrazioni di forza in cui hanno sfilato i missili simbolo della minaccia nordcoreana che costituisce quel problema cui Trump ha garantito «verrà posto rimedio».
Il missile che, lanciato dalle coste orientali del Paese alle 17.21 di sabato ora di Washington (già il giorno seguente in Corea del Nord), dalla città di Sinpo, è espoloso quasi immediatamente dopo il decollo. Le prime indicazioni dalla Difesa sucoreana, poi la conferma dei militari Usa, stabilendo che è stato utilizzato un unico missile e che l'area interessata è la stessa individuata per recenti tentativi falliti di lanci. Adesso Corea del Sud che Stati Uniti sono impegnati a ottenere maggiori informazioni sul tipo di missile utilizzato.
«Il presidente e la sua squadra militare sono al corrente dell'ultimo tentativo fallito di lancio missilistico della Corea del Nord. Il presidente non ha alcun ulteriore commento», è la breve nota diffusa ieri dal capo del Pentagono
James Mattis, mentre il presidente Trump resta nel suo resort di Mar-a-Lago in Florida, e che sembra così sottolineare la scelta della Casa Bianca di rispondere senza clamore. Nonostante, o forse proprio per via delle risolute parole di Trump degli ultimi giorni.
Il presidente è stato chiaro nel suo tentativo di cercare il coinvolgimento della Cina nella risoluzione del 'problema' nordcoreano, ma altrettanto esplicito è stato nello scandire che se l'aiuto non dovesse arrivare gli Stati Uniti sono pronti ad occuparsene anche senza Pechino. E per dimostrarlo Trump ha mobilitato una «armada» (ovvero due cacciatorpedinieri in grado di lanciare missili Tomahawk verso il sito dove sono stati effettuati test nucleari nordcoreani. Bombardieri pesanti B-52 e B-2 Spirith nella base aerea di Guam, pronti ad attaccare se necessario. Quindi la portaerei Uss Carl Vinson in avvicinamento).
Anche da soli, ma non senza la previa consultazione degli alleati nell'area che è già in corso.
Il Messaggero