Governo, l'ipotesi preincarico agita Salvini e Di Maio

Luigi Di Maio, fotografato ai box della Formula E, dà un po' il senso della giornata di ieri che si è consumata dopo la breve dichiarazione di Sergio Mattarella...

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Luigi Di Maio, fotografato ai box della Formula E, dà un po' il senso della giornata di ieri che si è consumata dopo la breve dichiarazione di Sergio Mattarella a conclusione delle consultazioni. Ai box è dovuto rientrare il leader del M5S, ma anche Matteo Salvini. I due non hanno forse ancora perso la speranza di poter chiamare nei prossimi giorni il Quirinale per dire «è fatta!». Ma ognuno dei due è convinto che sia l'altro a dover fare un passo indietro e ieri non hanno avuto nessun contatto mentre le rispettive segreterie escludono incontri al Vinitaly. Di Maio vorrebbe che il potenziale alleato scarichi il Cavaliere, mentre Salvini continua a voler fare il leader del centrodestra e non molla Forza Italia.


L'AFFIDO
Per superare lo «stallo», come lo ha definito ieri anche Mattarella, i due hanno a disposizione tre o quattro giorni, dopo i quali il presidente della Repubblica assumerà una sua iniziativa ponendo fine alla passarella delle delegazioni dei partiti che anche ieri l'altro si sono presentate al Quirinale a mani vuote. Le possibilità che i due, dopo tanto rombare, riescano dai box non sono però del tutto evaporate. Soprattutto se, come è possibile, tra le iniziative che il Capo dello Stato valuta c'è anche l'eventualità di affidare un pre-incarico a Salvini o Di Maio. Un'opportunità che il primo anche ieri escludeva («accetto solo se ho numeri certi»), mentre il leader del M5S continua a non escludere del tutto. Di Maio è convinto che il Parlamento non dirà no al programma-fusion che sta mettendo a punto il professor Giacinto della Cananea, e che un suo eventuale fallimento metterebbe fuori da ogni altra ipotesi di governo il M5S.

Resta il fatto che anche ieri le opposte tifoserie hanno lavorato contro l'intesa M5S-Lega. Di Maio continua a subire il fuoco amico di Alessandro Di Battista che ieri ha attaccato a testa bassa Salvini definito il «Dudù» di Berlusconi. Forse «un siluro a Di Maio», come lo definisce Michele Anzaldi (Pd), ma certamente una bordata che colpisce il leader del Carroccio con il quale l'ex vicepresidente della Camera vorrebbe stringere un'intesa. Il Cavaliere non è da meno e attacca di nuovo Di Maio, anche se il neo portavoce di FI Giorgio Mulé si affanna a precisare che gli strali erano contro Di Battista che aveva definito il leader azzurro «il male assoluto».

L'impressione è che, mentre FI sarebbe disposta a mettere una pietra sopra alle invettive di questi giorni pur di entrare in maggioranza, dentro ai 5S c'è chi si prepara a riprendere la stagione movimentista. Il Dibba, infatti, non attacca solo Berlusconi, ma anche Renzi. Un modo per dire sin da ora un no ad ipotesi di governi di scopo o governi di tutti. Un'eventualità che ieri l'altro lo stesso Di Maio, uscito dall'incontro con Mattarella, ha agitato a mo' di drappo rosso sotto il naso di Salvini: «La Lega ha una posizione incomprensibile». «Vuole il governissimo o tornare al voto presto». Poichè la seconda eventualità si scontra con il calendario del Quirinale - che non intende riportare il Paese alle urne prima di aver fatto una nuova legge elettorale e la legge di Bilancio - per spaventare Salvini si usa l'argomento che terrorizza anche il M5S. Ovvero l'eventualità che in mancanza di un accordo tra i due vincitori i partiti possano essere chiamati a sostenere un governo di tutti.

IL PUNTO
Ma se l'eventualità di un preincarico sarebbe un modo per mettere alla prova Di Maio, che ancora non molla l'idea di andara a palazzo Chigi, la prospettiva del governo di tutti - rifiutata anche ieri da Salvini - rappresenta l'arma letale che potrebbe costringere i due all'intesa. Un'eventualità - quella del governo di tutti - che ha spinto ieri il Pd a rinviare l'assemblea del 21 che avrebbe dovuto decidere se e come eleggere il nuovo segretario. I dem non vogliono turbare il già complicato percorso del Quirinale. Martina, il segretario-reggente, è convinto che i due vincitori stiano sul punto di deporre le armi e che il Pd non possa non rispondere all'eventuale appello del Quirinale.

Al Nazareno si continuano a scartare altre ipotesi. Compresa quella di un esecutivo centrodestra-Pd affidato al leghista Giorgetti. «Ma se Mattarella chiama...».

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Il Messaggero