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La città liberale è un ampio recinto politico che consente di elaborare strategie anti-democratiche, nel rispetto delle regole democratiche. Il caso Brexit, e l'omicidio della parlamentare Jo Cox, dimostrano che, in tempi eccezionali di crisi, tali strategie sono necessarie. Ma, per comprendere l'importanza delle strategie anti-democratiche nei periodi di crisi acuta, è necessario avere ben chiare due caratteristiche immutabili della vita politica nelle società complesse.


La prima caratteristica è che il voto della grande maggioranza delle persone non è determinato dal ragionamento critico, che scaturisce da una conoscenza approfondita della politica e dell'economia, bensì dal sentimento e dalla passione. Gli studi del Fondo Monetario Internazionale, della Banca d'Inghilterra e dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dicono che la Brexit sarebbe dannosa per l'Inghilterra e per l'Europa intera. Eppure, il fronte Brexit è cresciuto. Ciò accade perché l'elettore medio, sia esso inglese o di qualunque altro Paese, non si reca nella cabina elettorale dopo avere passato mesi a leggere le ricerche apparse sulle riviste scientifiche. Vota, principalmente, in base al suo stato d'animo, che scaturisce dalla sua condizione particolare.

Se è arrabbiato perché ha un salario o una pensione inferiore alle sue aspettative; se è atterrito perché ha paura che gli immigrati portino il terrorismo; se è disoccupato e teme che gli stranieri riducano i suoi privilegi; sviluppa un sentimento ostile verso il mondo e, se ha la possibilità di votare, vota contro il mondo per esprimere un sentimento e non un ragionamento. Per la maggioranza delle persone, il voto politico non è ponderazione e discernimento. È odio e amore. Se tutto va male nella mia vita, allora tutto va male nel mondo. Se la mia vita è infelice, il mondo è cattivo. Ecco perché nelle scuole dei quartieri benestanti di Londra il fronte europeista è forte.

 
Ecco perché nelle scuole delle periferie di Londra, piene di bambini immigrati, il fronte anti-europeista è in ascesa. La seconda caratteristica della vita politica nelle società complesse è che la complessità dei problemi produce l'esigenza della loro semplificazione, talvolta brutale, che avviene attraverso le ideologie politiche. È infatti nei periodi di grave crisi politica che le ideologie radicali si diffondono più rapidamente. Le persone comuni, non avendo gli strumenti per comprendere le cause profonde di problemi complessi, ricorrono alle ideologie estreme, che hanno il fascino di esemplificare la complessità del reale, dividendo il mondo in due sole categorie: i buoni e i cattivi. Alla fine, le ideologie politiche non sono altro che uno strumento mentale per distinguere chi vuole farci del male da chi vuole farci del bene. Una mente politica illuminata sa che, in un tempo in cui l'immigrazione e il terrorismo si sviluppano impetuosamente dentro una crisi economica, gli elettori non devono essere chiamati a votare su questioni internazionali quanto mai delicate.

L'immenso potere delle emozioni in politica era ben noto ai nostri padri costituenti che, reduci dall'esperienza fascista, impedirono agli italiani di determinare la politica estera attraverso lo strumento del referendum. Fu una saggia scelta anti-democratica. In Italia, i governi sviluppano la loro linea di politica estera. Punto. Se poi questa non piace agli italiani, se ne riparlerà, con tutta calma, alle prossime elezioni politiche, quando gli elettori potranno esprimere il loro dissenso votando per un partito politico piuttosto che per un altro. E così i nostri padri costituenti rinchiusero ogni pulsione rabbiosa in una bellissima teca di vetro che è l'articolo 75 della nostra costituzione.


Nell'aprire la porta al referendum, Cameron ha aperto il vaso di Pandora, da cui è uscito l'assassino di Joe Cox. Quel vaso, in tempi di crisi, colmi di rabbia e di paure irrazionali, deve rimanere chiuso attraverso l'uso di opportune strategie anti-democratiche che, nel rispetto rigoroso delle regole democratiche, sollevino gli elettori dalla responsabilità di determinare il corso della politica internazionale.
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Il Messaggero