Consip, due carabinieri contro il capitano del Noe che falsificò il verbale su Tiziano Renzi

Scafarto
A mettere nei guai il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, indagato per falso, sono stati proprio i suoi uomini: il brigadiere Melenzio Locci e il carabiniere scelto Giovanni...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
A mettere nei guai il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, indagato per falso, sono stati proprio i suoi uomini: il brigadiere Melenzio Locci e il carabiniere scelto Giovanni Biancu. Perché, interrogati dal pm Mario Palazzi, hanno confermato le responsabilità del loro capo, dimostrando, relazioni di servizio alla mano, di averlo informato di ogni dettaglio. Anche del fatto che le verifiche sulla jeep sospetta erano state negative: non apparteneva a un agente dei servizi segreti che li stava seguendo durante le indagini, ma a un residente di piazza Nicosia, dove i militari stavano recuperando nella spazzatura i pizzini dell'imprenditore Alfredo Romeo. L'inchiesta Consip comunque va avanti e potrebbe riservare presto sorprese, sia sul fronte di altre possibili manipolazioni degli atti, sia sulla corruzione nell'affidamento degli appalti. Intanto i pm valutano di chiudere con un giudizio immediato, il primo capitolo a carico di Romeo, in carcere per corruzione.


E mentre la procura di Napoli punta a stemperare la tensione, con una conferenza stampa che smentisce la rottura con i colleghi romani, l'atteggiamento dei pm della capitale è più netto: nessun commento, ma dopo la conferma dell'incarico al Noe dei carabinieri da parte dei sostituti che coordinano l'inchiesta Consip nel capoluogo partenopeo, la decisione è di non utilizzare più nessun atto di indagine che arrivi dalla Campania sulla vicenda. Un chiaro segnale della totale mancanza di fiducia.

GLI INTERROGATORI
Sull'attribuzione a Salvatore Romeo, anziché a Italo Bocchino, di quell'intercettazione ambientale in cui si parla di «un incontro con Renzi» (Tiziano), Locci e Biancu, interrogati da Palazzi, non hanno dovuto aggiungere più di quanto non fosse agli atti della stessa inchiesta. I brogliacci originali, e non quelli riportati in forma riassuntiva dal capitano nell'informativa, erano esatti. È l'accusa più pesante per Scafarto, almeno dal punto di vista politico. Per i pm dimostra la malafede. Tanto più che il capitano definisce quell'affermazione di Romeo «la prova regina» dei rapporti tra l'imprenditore e il padre dell'ex premier.

Così Palazzi ha chiesto ai carabinieri anche se avessero subito pressioni dal capo per piegare le evidenze delle indagini a una tesi precostituita. Sull'altro falso, invece, i due militari hanno spiegato: «È vero - hanno ammesso - avevamo notato un uomo e una donna che ci osservavano durante l'operazione in piazza Nicosia. Ma quando abbiamo firmato la relazione di servizio, il giorno successivo, abbiamo precisato di avere fatto le verifiche prima al Pra e poi alla banca dati del Viminale, per conoscere l'identità di quella persona. Così abbiamo informato il capitano che la verifica era stata negativa, perché quell'uomo era un residente e non ci stava seguendo».

LE ACCUSE
Sebbene informato che il sospetto fosse solo un residente, nell'informativa consegnata in procura, il capitano aveva messo in relazione quell'episodio con il fatto che il suo stesso cellulare potesse essere intercettato dall'intelligence. Scafarto collegava la fuga di notizie, avvenuta secondo l'ad di Consip attraverso il ministro Luca Lotti, alle circostanze che le indagini fossero note a Palazzo Chigi, dal quale dipendono i servizi segreti. E, partendo da una circostanza falsa chiudeva il capitolo aggiungendo un'altra circostanza: un incontro, programmato dall'imprenditore con il colonnello Giuseppe Petrella, carabiniere fuori ruolo in servizio all'Aisi, per dimostrare il ruolo attivo dei servizi nelle indagini.

RITO IMMEDIATO

Intanto è probabile che la procura decida di chiudere il primo capitolo sulla corruzione a carico di Romeo, chiedendo per l'imprenditore un processo con rito immediato. A blindare le accuse, che lo hanno portato in carcere, ci sono le dichiarazioni del funzionario Consip Marco Gasparri. Davanti ai pm, Gasparri, che lo stesso Romeo definiva «il prototipatore» per l'abituale attività di assistenza offerta nelle gare, ha ammesso di avere incassato 100mila euro per le sue prestazioni extra. È stato lo stesso Gasparri a riferire alla procura che per la Fm4 la mega gara Consip Romeo era riuscito a «trovare un aggancio molto in alto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero