ROMA Sceglie di non parlare davanti al giudice, ma contrattacca attraverso i suoi legali: «Quando mi avete arrestato non avevate le prove». Alfredo Romeo affronta...
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IL DOCUMENTO
Dal carcere di Regina Coeli dove l'avvocato divide la cella con un criminale comune, fa sapere che lui Tiziano Renzi non lo ha mai conosciuto. E la sua verità la scrive in un documento con il quale chiede la revoca della misura cautelare in carcere, perché - insiste - «sono io la vittima del sistema che gira intorno alle commesse miliardarie della Centrale acquisti della pubblica amministrazione. E sono sempre io ad avere inviato della documentazione all'Anac e all'Antitrust, visto che Consip mi stava danneggiando in favore di alcune coop rosse. Sono stato fregato, altroché, non sono un corruttore». «Le mie offerte - è il ragionamento fatto da Romeo - sono sempre tra le più basse ma la discrezionalità di chi è deputato a scegliere il vincitore mi porta a perdere l'appalto». E ancora: «Non ho mai dato una lira a nessuno e con Luigi Marroni (amministratore delegato di Consip ndr) mi sono incontrato una sola volta come vicepresidente di una associazione di categoria e gli ho esposto esigenze, ma mai a titolo personale».
I PIZZINI CONTESTATI
Nella memoria viene sottolineato che «il pm ha chiesto l'arresto quando non disponeva di alcun decreto di autorizzazione alle intercettazioni, tantomeno i files audio, e neppure un verbale di acquisizione della documentazione asseritamente vergata dall'indagato. Atti tutti pervenuti al pm e al gip dalla procura di Napoli a ridosso dell'adozione della misura cautelare». I legali contestano, poi, il metodo in cui sono stati acquisiti i famosi pizzini, sui quali poggiano le contestazioni nei confronti di Tiziano Renzi, il papà dell'ex premier. «In nessuno dei verbali di sequestro - è ancora il contenuto del documento consegnato al gip - risultano identificati i soggetti che vengono qualificati come addetti alle pulizie che avrebbero portato la spazzatura al centro Ama di piazza Nicosia, a 200 metri dalla sede della Romeo gestioni». Un particolare sul quale intervengono ancora gli avvocati: «Non sono state rispettate le regole previste dal codice di procedura penale nella gestione delle prove a carico e per questo presenteremo ricorso anche su questo», dicono.
La difesa non può che attaccare e quindi continuano elencando anche delle «macroscopiche anomalie processuali». Una per tutte: «Va evidenziato - aggiungono - che le intercettazioni telefoniche e ambientali per gravi reati di stampo mafioso ipotizzati, hanno avuto avvio, e si sono susseguite, sulla base di un equivoco in ordine all'ascolto di una frase di uno dei dipendenti del gruppo, un esperto di cleaning (servizi di pulizia), il quale viene ripetutamente riportato nelle informative e nelle richieste del pm come l'esperto del crimine della Romeo».
Ma non è tutto, perché Romeo è anche in causa con lo Stato italiano.
Il Messaggero