Hanno tentato di rianimarla in tutti i modi, con tutte le forze, ma alla fine si sono arresi: quella donna, vittima del brutto incidente stradale che il 24 giugno scorso ha...
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Ora, mentre sul caso è stata aperta un'inchiesta, dopo la grande gioia per quello che è apparso come un miracolo i familiari pretendono che sia fatta chiarezza sulla vicenda e vengano accertate le responsabilità di un errore così clamoroso: «Tutti noi della famiglia siamo sotto choc - ha detto alla Bbc uno di loro - Ora vogliamo parlare con la polizia, i paramedici e i funzionari mortuari coinvolti: abbiamo bisogno di risposte, è tutto quello che vogliamo. Finora non c'è stata chiarezza su quello che è successo».
Gerrit Bradnick, responsabile di Distress Alert sostiene che non esistono prove di negligenza da parte della sua compagnia. «Quello che è successo - ha detto a TimesLive - non deve far pensare che i nostri paramedici non siano adeguatamente preparati». Preparati o no, resta comunque da spiegare come sia possibile che una persona ancora viva venga infilata nella cella frigorifera di un obitorio e quali controlli siano stati effettuati. La vicenda, tra l'altro, è ancora più inquietante e getta un'ombra sulle procedure standard seguite da medici e paramedici, se solo si pensa che non è il primo caso di questo genere che si registra in Sudafrica. Già sette anni fa un uomo di 50 anni si svegliò urlando in un obitorio di Capo Orientale. E nel 2016 un'altra vittima di incidente stradale venne dichiarata morta, ma il giorno successivo si scoprì che respirava: in quel caso la scoperta fu tardiva, perché cinque ore dopo morì. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero