Caso Yara, Bossetti resta in carcere: ma il dna è l'unica prova consistente a suo carico

Caso Yara, Bossetti resta in carcere: ma il dna è l'unica prova consistente a suo carico
Primo tentativo respinto: “Massimo Bossetti deve rimanere in carcere”. Lo ha stabilito oggi pomeriggio il giudice delle indagini preliminari di Bergamo, Ezia Maccora....

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Primo tentativo respinto: “Massimo Bossetti deve rimanere in carcere”. Lo ha stabilito oggi pomeriggio il giudice delle indagini preliminari di Bergamo, Ezia Maccora.




Non è una decisione sorprendente: Maccora è lo stesso magistrato che a giugno aveva firmato l’ordine di custodia cautelare nei confronti del presunto assassino di Yara Gambirasio, e già in quell’occasione puntò il dito sui “gravi indizi di colpevolezza” in modo ancor più determinato di quanto non avessero fatto i pm della Procura che avevano chiesto l’arresto di Bossetti.



Da giugno a oggi l’inchiesta non ha fatto registrare sostanziali novità. Un fatto, questo, che per i legali del muratore di Mapello poteva in qualche modo giustificare una richiesta di scarcerazione, ma che per il gip – evidentemente – ha un significato contrario: le prove che a giugno giustificarono la carcerazione non sono state intaccate, quindi non c’è alcuna ragione di rimetterlo in libertà.



Silvia Gazzetti e Claudio Salvagli – i difensori di Bossetti – avevano presentato la richiesta di scarcerazione la scorsa settimana. Le loro speranze di tirarlo fuori dal carcere era piuttosto tenui, ma l’operazione è comunque servita loro per sottolineare il fatto che in tre mesi di indagini (l’arresto risale al 18 giugno) carabinieri e polizia non hanno aggiunto alcun significativo elemento d’accusa, malgrado abbiano scandagliato la vita del presunto assassino, il suo passato, le sue abitudini, i suoi rapporti familiari e di lavoro. Inoltre, l‘istanza di scarcerazione ha consentito agli avvocati di richiedere un nuovo esame del dna sui “resti organici” trovati sugli indumenti di Yara il cui profilo genetico corrisponde a quello di Bossetti.



La prova del dna rimane infatti l’unica prova davvero consistente a suo carico. Tutto il resto – a cominciare dagli spostamenti del muratore nel giorno della scomparsa della ragazzina di Brembate Sopra e dalla sua presenza vicino alla palestra in cui Yara venne vista per l’ultima volta – è soggetto a una lettura ambivalente, favorevole o contraria all’indagato a seconda della prospettiva da cui si osservano gli indizi sin qui raccolti.



Bossetti continua a dichiararsi innocente, i suoi legali mostrano di credergli. E il fatto che il gip abbia restino la richiesta di scarcerazione dal loro punto di vista non muta il quadro generale dell’indagine. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero