«Spinello e spumante, poi la roulette russa: così ho ucciso il mio amico Marco per gioco»

«Abbiamo fumato uno spinello dopo pranzo. Dopo lo spumante, ho deciso di far vedere a Marco la pistola che avevo comprato a Castelvolturno. Ho impugnato l'arma e...

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«Abbiamo fumato uno spinello dopo pranzo. Dopo lo spumante, ho deciso di far vedere a Marco la pistola che avevo comprato a Castelvolturno. Ho impugnato l'arma e più volte, ridendo, l'ho messa sul tavolo per gioco. Infine ho premuto il grilletto appoggiando la pistola sulla mia tempia. Per ben due volte il colpo non è uscito. Ero convinto che l'arma fosse scarica. Ho dato una pacca sulla spalla a Marco dicendo di stare tranquillo, tanto non sarebbe accaduto nulla. Poi l'ho messa sulla sua fronte, così, ed è uscito il proiettile. Ho visto il sangue. E non ricordo più nulla. So soltanto che non volevo finisse così». Il verbale dal diciannovenne Antonio Zampella, stilato in caserma dai carabinieri di Caserta, restituisce una ricostruzione della morte di Marco Mongillo che non collima del tutto con i risultati delle indagini.


L'omicidio di Marco è un punto oscuro, un buco nero dal quale riemergono, a tratti, pochi elementi. Per ora, l'unico testimone del delitto è il suo assassino, arrestato dopo essersi costituito ai carabinieri. Marco, pizzaiolo di professione e una vita davanti, è stato ucciso per sbaglio, per gioco, per spavalderia. Imitazione dei protagonisti gangster delle serie televisive, voglia di apparire ed avere senza essere: il movente dell'omicidio è tutto da ricercare nel vuoto di una normalità solo apparente.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero