La zona industriale di Marcianise come fonte di enorme ricchezza per le attività economiche impiantate, il noleggio e la gestione delle apparecchiature da intrattenimento (slot...
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Così gli uomini del clan Russo erano riusciti ad accreditarsi come la principale espressione dei Casalesi. «Su Santa Maria stiamo già noi, diglielo» è il messaggio che il capo affida a un suo uomo di fiducia perché scoraggi sul nascere l'iniziativa in zona di un imprenditore nel settore dei videopoker a patto che non passi per la camorra.
Le indagini condotte dai pm della Dda dell'aggiunto Giuseppe Borrelli e della Dia del capocentro Giuseppe Linares hanno svelato come il clan aveva condizionato la concorrenza nel mercato dell'intrattenimento e avesse esteso il suo monopolio non solo nella provincia casertana ma anche tra quella di Napoli e Salerno.
In 460 pagine è racchiusa la storia più recente della camorra imprenditrice casalese (raccontata oggi sulle pagine del Mattino) dei suoi soci manager, dei prestanome e dei favoreggiatori. Una storia ricostruita anche attraverso intercettazioni telefoniche e ricordi di collaboratori di giustizia. Non senza scontrarsi con il muro dei silenzi dettati dalla paura.
E per il racket c'è una nota di colore nel grigiore delle collusioni, delle complicità acquisite per interesse o facendo ricorso al più classico dei metodi mafiosi, ovvero la violenza. Riguarda il soprannome di un affiliato ai casalesi. Lo chiamavano coccodrillo perché era solito convocare le vittime di estorsioni e spaventarle con un coccodrillo in carne ed ossa. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero