ROMA Il bisogno di rimanere informati attraverso le letture contrasta con l'esigenza di sicurezza. Per questa ragione, ieri, la Corte costituzionale ha respinto la richiesta...
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LE REAZIONI
A sollevare la questione davanti alla Corte costituzionale era stato il magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi. Il riferimento era proprio all'articolo 41 bis e in particolare al comma 2 - dell'ordinamento penitenziario, che consente all'amministrazione di adottare circolari e disposizioni proprio per vietare la possibilità di uno scambio esterno. Sulla questione era intervenuta anche l'Associazione Antigone: «Vietare libri, giornali ai detenuti significa vessare, non prevenire - è stato il commento del presidente Patrizio Gonnella - Anzi, se solo quei detenuti avessero letto più libri anche da liberi forse avrebbero commesso meno crimini mafiosi. Il diritto a informare ed essere informati, il diritto alla formazione della propria coscienza, il diritto alla libertà di opinione e pensiero non c'entrano nulla con la prevenzione del fenomeno mafioso».
La decisione, però, è andata in un'altra direzione. Forse perché si ricordano molti libri nei luoghi di latitanza di famosi boss, a cominciare dalla Bibbia di Bernardo Provenzano, e il timore che possano veicolare informazioni non lecite può aver fatto decidere alla Consulta di non ammettere modifiche alla situazione. L'udienza si è svolta a porte chiuse con il giudice Franco Modugno come relatore e come avvocato dello Stato Maurizio Greco. Il giudizio è stato accolto positivamente dal deputato del Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, secondo il quale, «la sentenza è un respiro di sollievo per l'efficacia del 41 bis.
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Il Messaggero