Buzzi e i soldi al Pd: «Comprai 220 tessere per Bettini e Marroni»

Buzzi e i soldi al Pd: «Comprai 220 tessere per Bettini e Marroni»
ROMA Duecentoventi tessere per «partecipare» al congresso del Partito democratico romano, chieste, a seconda delle correnti di riferimento da Goffredo Bettini, Umberto...

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ROMA Duecentoventi tessere per «partecipare» al congresso del Partito democratico romano, chieste, a seconda delle correnti di riferimento da Goffredo Bettini, Umberto Marroni e Micaela Campana. Salvatore Buzzi spiega con un accordo con i signori delle tessere l'ultima voce della sua contabilità occulta, quei finanziamenti «in nero» al Pd di cui aveva detto finora in termini molto generici. E' la penultima giornata di deposizione al processo in corso a Rebibbia e Salvatore Buzzi ha urlato per difendersi per otto ore di seguito, ma quando l'avvocato di parte civile del Pd gli chiede di spiegare perché avesse riferito di «soldi in nero per le primarie», dice tranquillo: «Ce lo chiese il Partito democratico, noi demmo 140 voti a Giuntella, che era sostenuto da Umberto Marroni e Micaela Campana (la compagna dell'ex assessore alla casa Daniele Ozzimo ndr) e 80 a Lionello Mancini, dell'area di Goffredo Bettini». I dipendenti della 29 giugno furono invitati a iscriversi in tutte le sedi, 20 euro a tessera pagate direttamente da Buzzi: «A me l'hanno chiesto direttamente Campana e Marroni, mentre Bettini l'aveva chiesto a Guarany, che era il mio vice, quindi non c'era grande differenza». Ecco l'affresco sul malcostume del mercato delle tessere e su capicorrente e riti clientelari all'ombra della politica Capitolina.


IL MERCIMONIO
«Presidente - dice ancora il ras delle coop - in comune era tutto in vendita, credo che sarò ricordato per una storia gloriosa e perché con le mie parole ho ripulito il comune dal marciume». La compravendita raggiungeva ritmi da Wall street al momento di votare i debiti fuori bilancio. « L'ho fatto sicuramente con Alfredo Ferrari, Pd, anche Pierpaolo Pedetti mi ha cercato per l'emendamento, io gli dissi vabbè mi fai l'emendamento? C'ho l'assegno a garanzia». Smentisce, invece, i pagamenti a Giordano Tredicine: «Non mi ricordo se ho promesso il 10%, forse ma non ne sono sicuro». Soldi sarebbero arrivati anche all'assessore Lucia Funari, della giunta Alemanno: «Si glieli ho dati, confermo, ma non ho le prove».

SOLDI A CASTIGLIONE
Molti, i meccanismi di corruzione che avrebbe osservato anche indirettamente: «Credevo che con le mie parole avrei fatto cadere il governo e pensavo ai soldi per il Cara di Mineo del sottosegretario Castiglione (indagato a Catania) e invece non è successo nulla». Anche delle tangenti di Fimenccanica dice di sapere molto: «Carminati mi mi disse che i 60 mila euro per i quali è stato arrestato Riccardo Mancini (l'ad di Eur) erano destinati al parlamentare Piso», l'inchiesta in questo caso è stata archiviata.

NDRANGHETA? NON LO SAPEVO

Quando si parla dei suoi rapporti con la ndrangheta, essenziali per dimostrare l'accusa di essere uno dei leader di un'associazione mafiosa, Buzzi nega, smentisce, si arrabbia. Sebbene Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero - arrestati dieci giorni dopo la prima retata di Mafia capitale con l'accusa, tra l'altro, di aver garantito gli affari della 29 giugno in Calabria - avessero parlato esplicitamente di alcuni affari e degli interessi della cosca Mancuso a Roma, lui dice di non aver capito di cosa discutessero: «In ogni caso non ho mai conosciuto nessuno della famiglia Mancuso». Secondo quanto ricostruito in aula dai pm Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini, Campennì sarebbe stato il tramite dei Mancuso a Roma, la sua nomina per un appalto avrebbe garantito la protezione della 29 giugno mentre gestiva un Cara in Calabria. Buzzi, però, nega tutto: «Lavoriamo in Calabria dal 2007, Campennì era un amico, non avevo idea di suoi rapporti con le ndrine, della sua famiglia diceva invece che l'avevano rovinato». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero