Brexit, l'Europa detta le condizioni a Londra «Difesa dei cittadini Ue»

Brexit, l'Europa detta le condizioni a Londra «Difesa dei cittadini Ue»
BRUXELLES Mentre nel Regno Unito il governo cerca di scoraggiare in tutti i modi i cittadini europei a presentare la richiesta di residenza permanente, gli ambasciatori dei 27...

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BRUXELLES Mentre nel Regno Unito il governo cerca di scoraggiare in tutti i modi i cittadini europei a presentare la richiesta di residenza permanente, gli ambasciatori dei 27 stringono le maglie del mandato negoziale per la trattativa Brexit su due punti considerati prioritari: i diritti dei cittadini Ue, appunto, e l'integrità del mercato unico europeo. Nell'ultima versione della bozza di direttive politiche per il negoziato, che saranno discusse sabato dai capi di stato e di governo, viene precisato che i 27 garantiranno il diritto di acquisire la residenza permanente per le persone che hanno vissuto legalmente cinque anni nel territorio britannico. Diritto che deve essere garantito anche a chi lo rivendica fino al giorno prima dell'addio del Regno Unito alla Ue. Attualmente vivono nel Regno Unito circa tre milioni di cittadini Ue, di cui 800 mila polacchi: le stime sul numero di applicanti per la residenza nel 2016 superano quota 100 mila. Il diritto di residenza è la prima priorità per la Ue, è scritto nel documento.


LA FINANZA
Il secondo punto precisato dagli ambasciatori degli Stati riguarda il settore finanziario: viene indicato con maggiore precisione che la Ue si proteggerà da qualsiasi perturbazione dovuta all'uscita della City, principale piazza finanziaria europea e mondiale, dal mercato unico. Qualsiasi accordo futuro tra la Ue e il Regno Unito, è scritto nell'ultima bozza delle guidelines, dovrà tutelare la stabilità finanziaria dell'Unione, rispettare il suo regime di regolazione e supervisione, gli standard e la loro applicazione.

Si tratta di una considerazione che può suonare ovvia, ma non troppo nel momento in cui già si profila una discussione tra gli Stati Ue sul grado di apertura che deve essere mostrata nelle trattative proprio sul settore finanziario il cui funzionamento è decisivo sia per l'economia privata che per il finanziamento del debito degli Stati.

È stata in particolare la Francia a chiedere più rigore nella definizione della direttiva negoziale, proprio il giorno dopo il primo turno delle presidenziali (l'aspettativa è che la linea francese sul negoziato con Londra non cambi con Macron all'Eliseo). Le parole comunque hanno un significato preciso: i 27 non accettano l'idea britannica secondo cui i servizi finanziari dovranno far parte di una trattativa sulle relazioni future. In sostanza, Londra dovrà accettare le regole Ue esistenti per veder riconosciuto il principio dell'equivalenza, in base al quale gli standard di regolazione e supervisione seguiti nel Regno Unito possono essere considerati, appunto, di efficacia equivalente a quelli in vigore nella Ue.

LE RIPERCUSSIONI
Tanto per dare un'idea degli interessi in gioco, sono 359.953 i passaporti a rischio, quelli che permettono alle entità britanniche di operare nel mercato unico della Ue senza avere una sede legale in un altro Stato membro: si va dalla finanza alle autorizzazioni commerciali. Tanto per frenare le illusioni di Theresa May, il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ieri ha ricordato che l'equivalenza non è un diritto.

In ogni caso, per la Ue solo dopo che saranno stati fatti sufficienti progressi sulle priorità negoziali (diritti dei cittadini Ue, conti da pagare, relazioni con l'Irlanda del Nord, accordo per le basi militari britanniche a Cipro, situazione delle merci Ue nel mercato britannico) potranno cominciare le discussioni sulle future relazioni, che però potranno essere chiuse solo dopo che il Regno Unito per la Ue sarà uno Stato terzo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero