Un nuovo ostacolo per la premier Theresa May lungo la difficile strada della Brexit. A sorpresa e a pochi mesi dall'avvio dei negoziati con l'Ue si è dimesso...
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L'ambasciatore, che ha sminuito l'importanza del suo gesto parlando di una semplice anticipazione rispetto alla fine dell'incarico prevista a novembre, era stato il consigliere dell'ex premier tory David Cameron durante i negoziati con Bruxelles prima del referendum sulla Brexit e sembrava aver instaurato un buon rapporto anche con May, ma non col suo team. Dal Foreign Office è arrivato un comunicato in cui si annunciano le dimissioni, sottolineando che il diplomatico avrebbe dovuto lasciare comunque il suo posto entro la fine dell'anno e che «ha preso la sua decisione ora per rendere possibile la nomina del suo successore» prima dell'attivazione dell'articolo 50 entro la fine di marzo, che avvierà l'iter di uscita del Paese dall'Unione. Gli ambienti euroscettici hanno accolto con un certo entusiasmo la notizia. L'ex leader dell'Ukip Nigel Farage ha affermato che ora serve un «vero brexiteer», un fautore della Brexit, al suo posto.
Non solo, per l'eurodeputato anche altri diplomatici di Londra nel mondo dovranno dimettersi perché rappresentanti di un vecchio establishment. Per Farage è improbabile, come qualcuno dei suoi ha proposto, che possa diventare lui il nuovo ambasciatore britannico a Bruxelles: «Ci sarebbe da divertirsi. Ma non accadrà mai». Delusione e preoccupazione, invece, è stata espressa dalle altre forze politiche. Secondo il presidente della commissione per la Brexit della Camera dei Comuni, il laburista Hilary Benn, le dimissioni «non sono una buona cosa» e ora il governo potrebbe trovarsi in difficoltà nel rispettare la sua tabella di marcia. Mentre per l'ex leader dei Libdem, Nick Clegg, la sua uscita di scena è un clamoroso «autogol» degli euroscettici nell'esecutivo che non potranno contare sulla grande esperienza di Rogers nei negoziati con l'Ue. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero