Dopo quasi 40 anni, il mistero di Bradford Bishop, 'il fuggitivo di Bethesda', nel Maryland, potrebbe finalmente trovare una soluzione. Nel 1976 Bishop sterminò la...
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Sarà il test del Dna, i cui risultati saranno disponibili tra un paio di settimane, a stabilire definitivamente se il «maschio bianco sconosciuto», come recita la lapide, chiamato dalle autorità «John Doe», il nome che nel gergo legale Usa viene usato per riferirsi alle persone ignote, sia in realtà quello dell'uomo che il 1° marzo del 1976, forse in preda a un raptus di follia, uccise la madre, la moglie e i tre figli al'interno della casa di famiglia.
I motivi per cui Bishop , all'epoca funzionario del Dipartimento di Stato Usa, decise di commettere un delitto così atroce, rimangono sconosciuti.Forse la delusione per una mancata promozione, forse il malumore per il fatto che la famiglia ne aveva abbastanza degli spostamenti all'estero, forse, appunto, un gesto di pura follia. Anche se, come ricostruì all'epoca la polizia, gli omicidi erano nella testa dell'uomo sicuramente già dalla mattinata del 1° marzo, quando lasciò l'ufficio in anticipo e sulla via di casa si fermò a comprare la mazza con la quale avrebbe poi massacrato la sua famiglia, compresi i figli di 14, 10 e 5 anni.
Così come molto lucide apparvero le azioni compiute dopo il massacro dall'uomo, che caricò i cinque cadaveri sulla sua station wagon, guidò per sei ore fino a Columbia, nel North Carolina e poi li bruciò e seppelli in una fossa. Grazie ai suoi incarichi all'estero, tra cui l'Italia, di Bishop era noto che conosceva, oltre all'inglese, anche il francese, l'italiano, lo spagnolo e il serbo-croato. Un indizio, si pensò all'epoca, del fatto che l'uomo non avrebbe avuto particolari difficoltà nel vivere al di fuori degli Stati Uniti.
All'accostamento tra il 'fuggitivo di Bethesda' e lo sconosciuto sepolto nel piccolo cimitero dell'Alabama si è giunti, come spesso capita, quasi per caso.
Il Messaggero