ROMA Non è certo tutta colpa del binario unico o dei ritardi, consueti nel nostro Paese, del mancato raddoppio della linea Corato-Andria che, con ogni probabilità,...
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LE CRITICITÀ
«E’ evidente - spiega il professor Cesare Pozzi, economista della Luiss ed esperto di trasporti - che nel sistema Rfi, tanto per semplificare, c’è un continuo dialogo tra treno e rete, tra macchinista e boe di controllo a terra. Appena qualcosa non va, scatta in automatico il sistema di sicurezza che toglie energia al locomotore ed evita guai. Non accade altrettanto sulle reti delle ferrovie in concessione che rispondono ad un sistema meno avanzato, direi vecchio, che si affida solo alle scelte dell’uomo». La soluzione, aggiunge l’economista, è semplice: «La rete ferroviaria, dall’Alta velocità a quella delle tratte minori, va gestita in una logica unitaria, dando regole uguali per tutti. Sena fare eccezioni di sorta, anche perché i costi sono assolutamente sopportabili». E in effetti avere due procedure di sicurezza diverse nello stesso Paese espone a rischi maggiori i viaggiatori, tanto più che la tecnologia è super collaudata e ben conosciuta da tutti gli operatori del settore.
I TEMPI
Insomma, è assolutamente fuorviante mettere nel mirino il mono-binario perchè, spiegano dal ministero dei Trasporti, in Germania la rete ad un solo binario è più estesa di quella italiana, che si attesta al 59% complessivo. Da noi sono oltre 2.600 i chilometri con un solo binario gestiti dalle linee regionali o locali, dei quali 1.513 al Sud, 232 nell’Italia centrale e 877 nel Nord. Si tratta dell’81%. Rfi ha invece il 55%, cioè 9.212 chilometri di rete a binario unico su un totale di circa 17 mila chilometri. Su tutta la rete, dicono alle Fs, ci sono però gli stessi sistemi in uso per l’Alta velocità, che si attivano per supportare il macchinista e che consentono interventi immediati.
«Al di là delle responsabilità, che saranno accertate dalla magistratura - sottolinea ancora Pozzi - forse sarebbe opportuno, proprio per far compiere un balzo in avanti al Paese, colmare quel vulnus legislativo e regolatorio che fa coesistere due regimi. Se ci fosse stato un sistema unico di sicurezza, con la tecnologia che va in soccorso dell’uomo quando serve, tutto questo non sarebbe successo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero