Berlusconi: la coalizione non c'è più E ora rischiano anche le Regioni

Berlusconi: la coalizione non c'è più E ora rischiano anche le Regioni
Salta Foa e salta ciò che rimaneva del centrodestra. Game over. O, parafrasando uno dei due contraenti, finita la pacchia per l'elettore di centrodestra che per anni ha...

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Salta Foa e salta ciò che rimaneva del centrodestra. Game over. O, parafrasando uno dei due contraenti, finita la pacchia per l'elettore di centrodestra che per anni ha votato senza distinguere tra doppiopetto, canottiera e felpa. Per oltre vent'anni Fi e Lega sono stati una cosa sola al Nord come a palazzo Chigi. Ma, dopo settimane di tensione, una goccia per far traboccare il vaso prima o poi doveva arrivare ed è arrivata.

La rottura si concretizza su una nomina che la legge vuole venga condivisa dalla maggioranza con l'opposizione o parte di essa. «Sa perché Salvini non ha chiamato nemmeno il Pd? Perché pensava di avere comunque i nostri voti. Ci tratta da ruota di scorta», sostiene un parlamentare azzurro. Foa non avrà i voti di FI come non li avrà la maggioranza su nessun provvedimento anche se presente nel programma con il quale solo pochi mesi fa Salvini, Berlusconi e Meloni si sono presentati insieme alle urne.

I MIGLIORI
Da ieri il Cavaliere ha rotto gli indugi stufo, raccontano, «di non valere agli occhi di Salvini nemmeno come consigliere». Archiviati gli incontri con Bossi del lunedì, ad Arcore Salvini non si vede da tempo e le telefonate sono rarefatte. Azzerati i contatti leghisti con Gianni Letta, a tenere i rapporti con il Carroccio sono stati per lungo tempo Licia Ronzulli e Niccolò Ghedini. Raccontano i ben informati che tra i due senatori i rapporti non sono ora dei migliori e ha meravigliato tutti che il Cavaliere nell'ultima riunione dei gruppi di Forza Italia abbia sciorinato un lungo elenco di elogi dimenticandosi proprio dell'avvocato Ghedini.

Proprio nella terra dell'avvocato, che è stato a lungo coordinatore regionale di FI, arriverà oggi il vicepresidente del Parlamento europeo e vicepresidente di FI Antonio Tajani. Ma il Veneto non è solo la regione di Ghedini, è anche la roccaforte storica della Lega che la governa con Zaia. E proprio il governatore deve ora vedersela con gli oltre seicento imprenditori che hanno scritto al governo per dire che il decreto Di Maio non va. La rottura rischia di pesare nelle regioni che Lega e Fi governano insieme e complica la già difficile intesa in altre regioni. A cominciare dall'Abruzzo dove la Lega è intenzionata a correre con un proprio governatore portandosi dietro i grillini.
Giovedì scorso Berlusconi e Salvini si sono incontrati per caso a Montecitorio. «Ma i tuoi consiglieri veneti non ti hanno detto nulla? Sono tranquilli?». «Tranquillissimi». Un botta e risposta che ha fatto comprendere al Cavaliere che ormai l'alleato è su altre frequenze e che le proteste che arrivano dalle storiche regioni del Carroccio sono rumore di sottofondo ad una marcia che i sondaggi danno per trionfale.

Sono bastati due mesi di governo della Lega con il M5S per ricompattare il corpaccione parlamentare di Forza Italia a suo tempo diviso tra coloro che speravano di non morire leghisti e quelli che confidavano nel salvatore con la felpa che invece non discute nè con le capigruppo, Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini, né con Giorgio Mulé che guida gli azzurri in Vigilanza, chi proporre come presidente della Rai.

A tentare l'ennesima mediazione è il presidente della Liguria Giovanni Toti che continua a tenere il filo con la Lega, anche se ad Imperia Claudio Scajola è tornato a fare il sindaco proprio proponendo e sconfiggendo la linea sovranista ed antieuropeista della Lega di fatto rappresentata dal candidato proposto da Salvini e Toti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero