In tempi di feroce contrapposizione di identità religiose e culturali può sembrare una provocazione l'invito al dialogo e all'integrazione. Specie se questo...
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Avvocato e femminista racconta che la moschea da lei aperta sta andando molto bene anche se vive sotto scorta dopo le ripetute minacce di morte. «A tre giorni dall'apertura ci hanno avvertito: tra una settimana non ci sarete più, sarà tutto finito. E invece siamo ancora qui dopo un anno, con una comunità attiva di 35 persone che organizzano tutto, e oltre 700 visitatori ogni mese». «Si prega in tedesco che è la nostra lingua, forse il nostro successo fa paura», prosegue, il dialogo interreligioso può essere spiazzante. «Per esempio abbiamo festeggiato tutti insieme Hannukkà, la festa ebraica delle luci, con bambini ebrei e musulmani», racconta Ates in un incontro per la stampa estera. È necessario insegnare loro a conoscersi fin da piccoli, prosegue: «ancora oggi ai bambini musulmani viene insegnato che gli ebrei sono nemici», il conflitto in Medio Oriente viene preso e traslato ovunque nel mondo, senza approfondire la conoscenza gli uni degli altri, spiega. «Nella nostra comunità vengono a trovarci non solo i musulmani ma anche i cristiani, evangelici, atei, anzi soprattutto gli atei sono attratti dalla dimensione pacifica e spirituale della nostra comunità». La particolarità della moschea liberale di Alt Moabit, continua Ates, è che non c'è un imam fisso che predica sempre: «Non è una peculiarità berlinese avere imam donna, sono molte in Europa, dalla Francia alla Danimarca, da Londra alla Svezia».
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Il Messaggero