Parigi, il belga Abdelhamid Abaaoud la mente che ha organizzato gli attentati

Parigi, il belga Abdelhamid Abaaoud la mente che ha organizzato gli attentati
Una notte di terrore pianificata alla perfezione, un disegno malvagio che ha funzionato in tutti i suoi dettagli criminali, messo in atto da terroristi guidati da lontano ma...

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Una notte di terrore pianificata alla perfezione, un disegno malvagio che ha funzionato in tutti i suoi dettagli criminali, messo in atto da terroristi guidati da lontano ma talmente affiatati alla loro 'mastermind' da tradirne una conoscenza profonda. Quasi fossero amici da una vita.


Ed è proprio l'amicizia nata durante l'infanzia a Molenbeek, il quartiere di Bruxelles culla del jihadismo belga, il legame che unisce il ricercato numero uno Salah Abdeslam e suo fratello Brahim, il kamikaze di Boulevard Voltaire, alla mente degli attacchi di Parigi, Abdelhamid Abbaoud, latitante in Siria, già 'ombrà dell'attentato fallito sul Thalys Amsterdam-Parigi nonchè della cosiddetta 'cellula di Verviers', i terroristi abbattuti dalla polizia belga a gennaio scorso mentre pianificavano attentati.



Salah e Abdelhamid sono nati a Bruxelles, sono praticamente coetanei (26 e 28 anni) e hanno condiviso i pomeriggi di gioco dei bambini e quelli stanchi degli adolescenti. Magari anche giocando alla Playstation, lo stesso mezzo che tornerà loro utile per comunicare durante l'organizzazione degli attentati a Parigi. Assieme a loro anche Brahim, 31 anni, che venerdì si è fatto saltare in aria nel boulevard per fortuna vuoto. Ragazzi più o meno tranquilli, come possono essere quelli cresciuti in un quartiere decentrato che sfugge al controllo della città e dove il modello multiculturale ha fallito il suo obiettivo di integrazione.



A Molenbeek, dove la maggior parte delle donne porta il velo e dopo le cinque di pomeriggio non scende più in strada, i tre giovani hanno condiviso anche il debutto nella criminalità. Piccoli reati, tra il 2010 e il 2011, da spaccio di droga a furti, che sono rimasti sulla loro fedina penale e oggi ricostruiscono il loro legame che già da anni travalicava i confini della legalità. La vita dei tre non desta sospetti per molti anni. Salah è anche impiegato del comune, dal 2009 al 2011 fa il meccanico nell'officina degli autobus cittadini nel deposito di Ixelles, uno dei quartieri centrali di Bruxelles.



Poi viene licenziato, e da allora, racconta un amico che lo ha frequentato «tutti i weekend» fino a poche settimane fa, «faceva una vita tranquilla, come quella di tanti giovani, cercava un lavoro, guardava il calcio, andavamo al bar, ma senza bere alcol nè parlare di religione, che è una cosa privata». Non è chiaro quando Salah sia andato in Siria, ma è certo che lo abbia fatto, così come il fratello Brahim, che i vicini di casa sapevano «più radicale» dei due. Anche Abdelhamid è partito da 'foreign fighter', ed è tornato in Belgio poco prima dell'attentato a Charlie Hebdo per «terrorizzare i crociati che hanno scatenato la guerra contro i musulmani in Iraq e Siria», dice in un'intervista alla rivista dell'Isis.



Abdelhamid aveva fatto carriera nell'Isis, e aveva messo in piedi una cellula a Verviers, in Belgio, per colpire la polizia. E invece sono stati tutti uccisi tranne lui, che riesce a tornare in Siria e sulla rivista schernisce la polizia raccontando di essere passato indenne ad un fermo dove non lo avrebbero riconosciuto. Forse è stato Adbelhamid, che aveva reclutato anche il fratello 13enne facendolo diventare il jihadista più giovane del mondo, ad avvicinare gli altri due alla guerra santa. Quello che è certo, è che la loro amicizia è stata più forte anche della morte.
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Il Messaggero