È stato sorpreso in un appartamento in un condominio di case popolari, alla periferia di Rosarno, il latitante Antonino Pesce, di 26 anni, già condannato in via...
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La squadra mobile di Reggio Calabria aveva da tempo individuato il rifugio di Antonino Pesce, filmando i suoi spostamenti, spesso accompagnato da uno dei figli maggiorenni della coppia che lo stava proteggendo. «All'interno dell'appartamento - ha detto il dirigente della squadra mobile Francesco Rattà - non abbiamo rinvenuto armi, ma soltanto una somma cospicua che serviva al latitante per i suoi spostamenti quotidiani». Antonino Pesce è fratello di Savino e figlio di Vincenzo Pesce, di 59 anni, da tempo detenuti con pesanti condanne, e gli inquirenti li definiscono come il ramo cadetto della «cosca madre», capeggiata dal cugino Marcello Pesce, arrestato l'1 dicembre dl 2016 a Rosarno e considerato boss di primissimo livello, lettore di filosofi e autori classici come Sartre, Garcia Marquez, Bolano e Tolstoj, i cui libri furono rinvenuti sul comodino accanto al suo letto.
Antonino Pesce faceva infatti parte del gruppo soprannominato i «pecora», particolarmente attivo nel settore dei trasporti, dove imponevano i loro automezzi per il movimento delle merci, soprattutto le derrate alimentari e i prodotti agricoli, in entrata ed uscita nell'area della Piana di Gioia Tauro. «La leadership dei Pesce - ha sottolineato il dirigente della sezione criminalità organizzata della Questura di Reggio Calabria Fabio Amore - è ancora molto forte a Rosarno ed in molti centri vicini, ma l'azione dello Stato continuerà per garantire la sicurezza e l'ordine pubblico». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero