Usa, il primo massacro 50 anni fa in un campus universitario: all'Università del Texas si commemorano le vittime

Usa, il primo massacro 50 anni fa in un campus universitario: all'Università del Texas si commemorano le vittime
NEW YORK – E’ una caldissima mattina d’agosto. Nella piazza sotto la torre dell’orologio all’Università del Texas la gente passeggia...

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NEW YORK – E’ una caldissima mattina d’agosto. Nella piazza sotto la torre dell’orologio all’Università del Texas la gente passeggia tranquilla. E’ quasi mezzogiorno. La diciottenne Claire Wilson cammina lentamente, una mano sul pancione in cui il suo bambino scalcia, oramai a sole quattro settimane dalla nascita, l’altra mano nel gomito del fidanzato Thomas Eckman. Si sente un suono soffocato, un “pop” che nessuno riconosce. Il mondo è ancora ingenuo, vergine di queste esperienze. Claire cade per terra. La pallottola ha centrato il suo bimbo, che muore sul colpo. Thomas le si inginocchia accanto: “Claire, cosa succede?” fa appena in tempo a dire, quado un’altra pallottola raggiunge anche lui freddandolo.


Cominciò così, esattamente 50 anni fa, il primo massacro in un college americano. La città di Austin dedicherà la giornata del primo agosto a ricordare quei fatti, che segnavano l’inizio di una nuova sconosciuta stagione: l’uccisione di massa di persone in un teatro non di guerra. Nel campus dell’università del Texas avveniva quella domenica del primo agosto del 1966 il primo “mass shooting”, un orrore che oggi conosciamo con altri nomi significativi: Columbine, Virginia Tech, Newtow, Aurora.
 
L’orologio della torre non si è mai fermato in questi 50 anni, ma il primo agosto resterà fermo per 24 ore sulle 11:48, l’ora del primo sparo.
 
Charles Whitman era un 26enne ex Marine, un biondino alto e atletico, e instabile di mente. Prima uccise la madre e la moglie, nei loro letti. Poi con i suoi cinque fucili di alta precisione, con i quali si era guadagnato il titolo di tiratore scelto mentre era sotto le armi, dall’alto della torre uccise altre 13 persone. Nei 96 minuti di fuoco, da un’altezza di 83 metri ne ferì altri 30, alcuni in modo tanto grave che morirono nei mesi e negli anni seguenti per complicazioni. La polizia era del tutto impreparata a un simile avvenimento. Ci fu il caos, complicato dal fatto che decine di civili arrivarono con i loro fucili per tentare di uccidere lo sparatore arroccato sulla Torre. A finirlo, furono due eroici poliziotti, Ramiro Martinez e Houston McCoy, che riuscirono a raggiungere la cima della Torre.
 
Il giorno dopo il primo massacro civile in un campus universitario, il New York Times scriveva: “Qualsiasi siano stati i motivi, appare chiaro che ciò è accaduto perché armi di ogni genere sono disponibili per gli americani, indipendentemente dalla loro moralità e mentalità.” Il fondo continuava: “Dopo l’uccisione del presidente Kennedy a Dallas nel novembre del 1963, c’è stata una richiesta di maggiori controlli sulla vendita e l’uso di armi da fuoco. Ma le legislazioni sono paralizzate, in gran parte per l’opposizione della National Rifle Association”.
 

Cinquant’anni fa, già si discutevano a vuoto i temi che ancora oggi sono rimasti irrisolti. Peggio! Negli ultimi anni, invece di ridurre la diffusione delle armi, vari Stati hanno approvato leggi che permettono – a chi abbia il porto d’armi – di girare con la pistola al fianco, come ai tempi del Far-West. E proprio nello stesso giorno in cui si commemorano le vittime innocenti di un folle armato, in Texas la legge si comincia ad applicare anche ai campus universitari. L’università del Texas ha tentato invano di bloccarne l’applicazione. Ma se le università private hanno il diritto di vietare le armi, le università pubbliche non possono rifiutarsi di ammetterle. E così Austin, nello stesso giorno ricorderà il primo massacro civile e concederà di girare armati.
 
 

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Il Messaggero