Ci ha messo poco la Digos di Roma a collegare i filmati delle telecamere a circuito chiuso dell'Olimpico con i nomi di circa venti tifosi della Lazio che hanno sfruttato la...
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LA VOCE DELLA NORD
Pure Diabolik, il leader degli Irriducibli, al secolo Fabrizio Piscitelli, intervenendo in radio a La voce della Nord, megafono del gruppo, ieri ha preso le distanze dagli atti antisemiti, aggiungendo però che quello di domenica non è stato poi così grave: «Il gesto di quei ragazzi, giovanissimi, andava circoscritto nell'ottica del tifoso», perché «hanno fatto una ca...ta senza pensare che potevano offendere». Non si è dissociato («non ci dissociamo da ciò di cui non siamo responsabili»), ma ha promesso di impegnarsi «perché anche fatti come questi vengano estirpati», come fatto la scorsa settimana a Nizza per impedire che dagli spalti occupati dai laziali partissero quei «buu» razzisti che già a Roma, erano costati la chiusura della Curva Nord contro il Cagliari. «Per il bene della Lazio», ha detto a riprova della distensione in corso con la società dopo l'affaire della tentata scalata alla società ordita dai capi ultras con l'ex bomber Giorgio Chinaglia. Piscitelli con Yuri Alviti, Fabrizio Toffolo e Paolo Arcivieri erano accusati di fomentare la tifoseria contro il presidente Claudio Lotito, fino a convincerlo a cedere le quote azionarie. Ma Lotito non si fece intimorire. Al di là della sottovalutazione del gesto e delle conseguenze, le parole di Diabolik raccontano anche una parte della storia: una consistente fetta dei protagonisti del caso Anna Frank, infatti, «appartiene» ovvero «tifa» assieme all'area degli Irriducibili. I cui leader, però, puntavano anzi ad evitare azioni che potessero mettere in difficoltà i rapporti con Lotito dopo la scarcerazione dello stesso Diabolik.
SPALTI CONTESI
Nel gennaio del 2000 gli Irriducibili si erano già fatti conoscere al mondo con lo striscione in «onore alla tigre Arkan», il criminale di guerra serbo Zeljko Raznatovic, accusato di genocidio e crimini contro l'umanità. Due anni dopo i cori antisemiti («Juden Tottenham») contro la squadra della comunità ebraica di Londra costarono al club un'ammonizione Uefa. Il 18 ottobre il gruppo ha festeggiato il trentennale con fuochi d'artificio, cori e canti per le strade dell'Appio-Tuscolano, Est di Roma, davanti alla nuova sede di via Amulio, ex quartier generale di Forza Nuova, a due passi dal luogo simbolo della strage di Acca Larenzia.
A Roma, ormai, è la destra estrema che si contende tifosi e spalti allo stadio, nella Nord e nella Sud: la disputa per la presa di potere si combatte a suon di striscioni forgiati con i caratteri neri e decisi dei militanti neo-fascisti. Emblematica la contesa per il cavalcavia pedonale di via degli Annibaldi (quello dei manichini giallorossi impiccati), a Monti, lo stesso rione in cui per la prima volta nel 2013 comparvero le figurine stile calciatori Panini di Anna Frank con la maglietta della Roma. Stesso rione della storica sede di Casapound al Celio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero