Siena, congresso Anm. Albamonte: «Rischio di carrierismo delle toghe e sfiducia nella magistratura»

Il presidente dell'Anm, Eugenio Albamonte
Si è aperto con una  standing ovation per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Siena, il 33° congresso  dell'Associazione nazionale...

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Si è aperto con una  standing ovation per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Siena, il 33° congresso  dell'Associazione nazionale magistrati. Il leader delle toghe Eugenio Albamonte, in carica dallo scorso aprile, ha toccato molti temi nel suo intervento, dalla sfiducia nella magistratura al rischio di carrierismo da parte delle toghe più giovani.


Sul punto, Albamonte ha fatto un vero affondo, sottolinenando quello che rischia di essere il nuovo "male" della magistratura. Il fenomeno, secondo presidente, «è ancora marginale ma visibilmente percepibile», e se fare carriera aveva «uno scarsissimo appeal» per la «magistratura più anziana e strutturata - dice -  rispetto alle nuove generazione può diventare emergenza». Si è arrivati a questo punto a seguito della riforma dell'ordinamento giudiziario che ha modificato l'accesso alla carriera dirigenziale delle toghe lanciandole in una raccolta di titoli per il curriculum che in certi casi ha distolto «energie dalle funzioni quotidiane per dislocarle sulla costruzione di titoli», in una «logica che privilegia l'acquisizione del titolo allo spirito di servizio». Su questa strada l'ambizione a ricoprire incarichi «rischia di acquisire connotati di carrierismo, burocratismo, acquiescenza ai vertici degli uffici e ricerca della loro approvazione e protezione», ha ammonito Albamonte.

L'argomento, secondo il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, intervenuto anche lui al congresso dell'Anm, «merita una riflessione e una particolare attenzione». Secondo il Guardasigilli, per la delicatezza del tema, è meglio andarci piano e lasciare che se ne occupi il Csm. «Ogni intervento esterno alla magistratura, su questo fronte, rischia di compromettere il dibattito stesso», ha concluso il ministro.


Albamonte - che ha invitato i magistrati ad «evitare di 'confondere le indagini con le guerre sante, secondo l'insegnamento di Giovanni Falcone» - ha toccato poi un'altra nota dolente, quella del calo della fiducia dei cittadini nella magistratura. In base a uno studio recente dal 2010 ad oggi è calata del 12% e adesso «solo il 38% dei cittadini ripone un elevato grado di fiducia» nei giudici. A questo si è arrivato anche per la lentezza dei processi, e per «l'ingovernabile domanda di giustizia» che sale dai cittadini. Non fa bene nemmeno il clima di «turbolenza» che a volte caratterizza i rapporti «tra giustizia, politica e informazione». E i media «talvolta per mancanza di preparazione, più spesso per strategie comunicative e di marketing alimentano la distorsione e cavalcano la protesta sociale» contro certe decisioni dei giudici. Come quelle sui temi eticamente più sensibili come il fine vita e la stepchild adoption. Terreni questi sui quali la politica continua a latitare "nell'inerzia" caricando i giudici di un «ruolo di supplenza».
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Il Messaggero