Ancora “furbetti del cartellino” in una Calabria che non ha ancora metabolizzato lo scandalo di Reggio Calabria sancito dai diversi tronconi dell’operazione...
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Si tratta di Francesco Albano, Giovanni Attinà, Giuseppe Marino e Francesco Praticò dipendenti dell’Ufficio Anagrafe, Giuseppe Attinà messo notificatore, Antonino Gatto dipendente dell’ufficio Opere pubbliche e manutenzione e – dulcis in fundo – del dirigente pro tempore di un angolo-chiave dell’Amministrazione comunale, l’Ufficio Suap-Urbanistica.
Contestati i reati di truffa aggravata e falsa attestazione della propria presenza in servizio: tra il marzo e l’aprile 2016, in vista del voto referendario del 17 aprile di quello stesso anno, si sarebbe perpetrata una sorta di “corsa agli straordinari” che però non dava adito a veri turni addizionali di lavoro ma solo all’allontamento dall’ufficio senza timbrare il badge in uscita, ovvero al timbro dei tesserini magnetici da parte di colleghi compiacenti.
Durante le ore di finto lavoro, i 7 arrestati facevano davvero di tutto fuorché lavorare: coltivavano i campi o leggevano il giornale in macchina, andavano al bar o al supermercato a fare la spesa ovvero a dare l’estremo saluto a qualche defunto. E c’era perfino chi timbrava già in tuta per poi dedicarsi al fitness – incredibilmente all’interno dei locali comunali –, facendo ogni giorno delle corsette di mezz’ora nel chiostro di un edificio dell’Ente.
Il peggio, tuttavia, per i “furbetti del badge” potrebbe avere luogo fra qualche giorno: il giudice per le indagini preliminari, infatti, s’è riservato facoltà di decidere circa una possibile misura interdittiva dai pubblici uffici nei confronti dei funzionari infedeli. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero