Un bis del 2011, con il Pd costretto a sostenere un nuovo «governo Monti» e una manovra da 40 miliardi, non ci sarà: in caso di crisi di governo si vada ad...
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Insomma superiamo la fase degli incontri bilaterali e delle triangolazioni. Dopo svariate telefonate è stato deciso che a metà della prossima settimana, magari mercoledì, il tavolo si farà. Come conferma pubblicamente Zingaretti. A metà pomeriggio ad un convegno arriva il verbo del sottosegretario Buffagni, di M5s, a affermare che «la crisi aperta». Allo stesso convegno Paolo Gentiloni, presidente del Pd in pectore, spiega la posizione: «Non spetta a me risolvere le crisi di governo, l'opposizione anzi si augura che la vicenda del governo finisca». Una cosa è certa: «Tornare alle urne in caso di caduta del governo? Io penso di sì - dice Zingaretti - C'è una maggioranza parlamentare che non è unita su nulla e l'Italia sta pagando un prezzo enorme».
Francesco Boccia parla di «accanimento terapeutico» di un governo moribondo e anche lui auspica il ritorno al voto. Il nuovo segretario, anche nei giorni scorsi, ha sottolineato con i dirigenti che lo sostengono l'impraticabilità per il Pd di sobbarcarsi l'onere di un governo non nato dalle rune e per di più chiamato a una manovra da 40 miliardi: il bis del 2011 non ci sarà. D'altra parte le urne anticipate permetterebbero al neo segretario di ridisegnare i gruppi parlamentari in linea con l'esito delle primarie. Gli zingarettiani dei due gruppi di Camera e Senato oggi sono infatti minoranza. Cosa che al contrario preoccupa i numerosi parlamentari che hanno sostenuto Maurizio Martina e Roberto Giachetti (ma con lui solo in pochi).
I dirigenti che saranno chiamati ad occuparsi di organizzazione stanno già valutando i possibili scenari.
Il Messaggero