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ROMA La pandemia rischia di rompere l’equilibrio fra Stato e Regioni. Ieri la tensione fra Roma e i presidenti regionali e fra i presidenti stessi è salita a livelli altissimi tanto che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in serata, ha deciso di partecipare all’incontro con le Regioni previsto per oggi. Il vertice doveva essere gestito dal ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini con la presenza del Commissario Figliuolo e del capo della Protezione Civile Curcio.
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Perché Draghi?
Le ragioni sono quattro, tutte politico-istituzionali. La prima: le Regioni si sentono ingiustamente messe sul banco degli imputati, e non ci stanno dopo aver fatto 9,5 milioni di somministrazioni. La seconda: la catena di comando Roma-periferie scricchiola e si intravedono i segni di uno scontro fra Regioni.
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L’intreccio delle varie dinamiche negli ultimi giorni ha creato un clima di tensione che ieri si tagliava con il coltello. Intervistato su Raitre nel primo pomeriggio Stefano Bonaccini, presidente dll’Emilia Romagna e portavoce delle Regioni, ha ribadito che nonostante diverse sbavature le Regioni stanno portando avanti la campagna vaccinale. «L’Italia non è indietro rispetto a Francia e Germania - ha detto Bonaccini - Le macchine organizzative che le Regioni hanno messo in piedi potrebbero fin da subito raddoppiare le somministrazioni. Sono mancate le fiale non l’organizzazione. Vanno stretti i bulloni».
Bonaccini in tv ha anche attaccato la Campania per Sputnik. «A parte che serve il via libera dell’Ema, se davvero una Regione dovesse comprare un vaccino - ha detto - il governo dovrebbe intervenire per distribuirlo a tutti gli italiani. Siamo una nazione». A ricamare sull’atmosfera di nervosa competizione intra-regionale è stato poi il presidente del Veneto Luca Zaia: «Noi già da tempo vorremmo acquistare vaccini ma mi hanno criticato». Piene di aculei anche le parole del presidente della Campania, Vincenzo De Luca: «Ho già annunciato che se avremo Sputnik lo divideremo con le altre Regioni. Al governo consiglio di non sparare numeri altisonanti sulle dosi disponibili ma di parlare con i fatti criticando con nome e cognome chi sbaglia senza distinguere le Regioni che stanno funzionando da quelle che hanno problemi».
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Il Messaggero