Vittorio Sgarbi condannato: disse in tv «magistrato criminale» per difendere Bertolaso

Solidarizzando con l'ex capo della protezione civile, in tv diede del «criminale» al gip di Firenze Rosario Lupo, che si stava occupando del procedimento sugli...

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Solidarizzando con l'ex capo della protezione civile, in tv diede del «criminale» al gip di Firenze Rosario Lupo, che si stava occupando del procedimento sugli appalti per i grandi eventi, accusandolo di essersi basato su «intercettazioni che sono illegali» contro Guido Bertolaso, definito «un eroe». La Cassazione ha confermato la condanna per diffamazione per Vittorio Sgarbi, respingendo il ricorso del suo difensore.


I fatti risalgono al febbraio 2010: durante il programma televisivo Tetris, sul La7, Sgarbi aveva parlato, pure senza citare Lupo, di «magistrato criminale», e criticando le intercettazioni a sostegno dell'inchiesta, tra le altre cose, aveva affermato: «io metterei in galera questo magistrato». Come si legge nella motivazioni della Cassazione, nel ricorso la difesa ha messo in dubbio la ragione stessa del procedimento, sostenendo che il riferimento ad un «magistrato» non consentisse di ritenere che Sgarbi si riferisse proprio a Lupo (che lo aveva querelato) e non a un altro gip che pure si era occupato del caso o a un collega della procura, tanto più, ha asserito il difensore, che le critiche sono più spesso rivolte agli uffici requirenti che non al giudice per le indagini preliminari.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile l'istanza, definendo per altro una «discutibile teorizzazione» il ritenere che il termine «magistrato» evochi più il pm che il giudice. La Corte spiega che i giudici d'appello hanno ritenuto indubbio che le affermazioni di Sgarbi fossero rivolte a Lupo, poiché hanno individuato, «tra le espressioni incriminate quelle che richiamano la portata narrativa dell'ordinanza cautelare». È, dunque, certo che Sgarbi a lui si riferisse, visto anche il «clamore mediatico intorno alla vicenda» e la «reiterata indicazione nominativa del gip da parte degli organi di informazione».
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Il Messaggero