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La guerra in Ucraina, di riflesso, concede una tregua a Mario Draghi e al suo governo. Nessuno, neppure Matteo Salvini, in queste ore e in questi giorni se la sente di minare l’esecutivo «di tutti» voluto da Sergio Mattarella. Ma lo scontro cova sotto la cenere: a un anno dalle elezioni soprattutto Lega e 5Stelle non sembrano disponibili a seguire alla lettera le indicazioni del premier. E già cominciano a studiare ritocchi alle riforme che Draghi ha definitivo non negoziabili in quanto necessarie per agguantare la rata di giugno, da 24 miliardi, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): riforma della concorrenza, codice degli appalti, delega fiscale e riforma della giustizia. Poi, come ha spiegato Draghi, «ci sono altri provvedimenti che riguardano la transizione ecologica del ministro Cingolani e altri ancora relativi alla transizione digitale del ministro Colao e misure legate alle infrastrutture», altrettanto intoccabili.
L’ULTIMATUM DI DRAGHI
Tutto questo, secondo l’ex capo della Bce, «deve essere fatto ora, perché poi bisogna scrivere i decreti delegati e il termine per la legge sulla concorrenza è a fine anno.
LE CONTROMOSSE DEI PARTITI
Il Pd di Enrico Letta si è immediatamente allineato e così LeU di Roberto Speranza. E mentre Forza Italia da una parte blinda il premier e dall’altra è tentata di inseguire la Lega, Salvini e il leader 5Stelle Giuseppe Conte non sembrano granché preoccupati della minaccia di crisi. O forse, in quanto partiti populisti, non riescono a tenere a freno le proprie pulsioni elettorali a prescindere dal rischio. Così Salvini torna a chiedere modifiche alla riforma delle concessioni balneari varata dal Consiglio dei ministri all’unanimità. E Conte torna alla carica per ottenere nuove norme, più lasche, sul bonus del 110%. Finché ci sarà la guerra in Ucraina è difficile che si riaprirà lo scontro. Ma c’è chi avanza un’altra teoria: Lega e 5Stelle potrebbero approfittare proprio del conflitto alle porte d’Europa per fare qualche altro sgambetto alle misure «non negoziabili» del Pnrr, nella convinzione che Draghi in questa fase non può dimettersi. Insomma, è in atto una partita a scacchi. Da capire come finirà.
Il Messaggero