Alla vigilia degli incontri della maggioranza con i gruppi di centrodestra sulla legge elettorale, arriva la notizia che sono state raggiunte le 64 firme di senatori necessarie...
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M5S-FdI, rissa in Transatlantico dopo l'ok al taglio dei parlamentari: «Venduto!»
Ci sono tutti gli ingredienti per un rompicapo e un ingorgo di referendum in primavera mai visto nella storia della Repubblica. In mattinata cinque senatori hanno aderito alla richiesta di referendum sul taglio di parlamentari, permettendo di raggiungere il numero necessario, e cioè 64. Tra gli aderenti ci sono senatori di Fi, Iv, M5s, Pd, gruppo Misto, e il senatore a vita Rubbia. Ci sono anche due della Lega, Grassi e Urraro ma hanno firmato quando erano con M5s. In una conferenza stampa i tre promotori, Tommaso Nannicini (Pd), Nazario Pagano e Andrea Cangini di Fi, assieme al presidente e al vicepresidente della Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto e Davide Giacalone, si sono detti ottimisti in una campagna referendaria che sia razionale, in grado di smontare i motivi «demagogici» della riforma voluta da M5s.
«Il referendum è un bene in sé, al di là del suo esito, proprio perché permette un dibattito pubblico che non c'è stato», ha detto Nannicini. Altrettanto sicuro di vincere è Luigi Di Maio: «Non vedo l'ora di confrontarmi nella campagna per il referendum. Voglio vedere chi ci sarà dall'altra parte». Viene respinto anche il «complottismo» per il quale il referendum aprirebbe «una finestra» entro cui sciogliere la legislatura e tornare ad eleggere un Parlamento con 945 inquilini anziché 600.
«Se la legislatura finisce è per altri motivi, perché salta la maggioranza» dice Nannicini.
Mai accaduto finora. In questo scenario giovedì mattina maggioranza e opposizione apriranno il confronto sulla legge elettorale. Questa è stata invocata da tutti proprio alla luce del taglio dei parlamentari, che però ora è rimesso in discussione. La maggioranza aveva ipotizzato un proporzionale, in due varianti, per diminuire l'impatto sulla rappresentanza del minor numero di deputati e senatori. Giancarlo Giorgetti ha confermato la disponibilità della Lega «a fare la propria parte» nella scrittura della legge elettorale, ed anche a ragionare sul proporzionale.
Ora la Lega rimarrà dello stesso parere o attenderà la pronuncia della Consulta il 15 gennaio? La maggioranza vorrebbe incardinare prima di quella data un testo, sperando che la Corte rinvii il pronunciamento in presenza di un Parlamento che legifera. Ma nel merito è 'stallo messicanò tra Iv, Leu e Pd: la prima dice «no» al proporzionale alla spagnola, i secondi al proporzionale con soglia nazionale del 5%, e il Pd ad una soglia più bassa. Se poi la Consulta ammetterà il referendum leghista si aprirebbe uno scenario del tutto nuovo: il Parlamento potrebbe tentare comunque una legge ma in direzione maggioritaria, con un ritorno in campo del vecchio Mattarellum. Un ritorno al via, come al Monopoli.
Il Messaggero