​​Siri, la lente degli investigatori sulle società di Arata: analizzati pc e cellulari

I flussi bancari e i conti correnti, le migliaia di pagine di documenti acquisiti e le chat sui programmi di messaggistica, i computer e i server delle mail: i magistrati della...

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I flussi bancari e i conti correnti, le migliaia di pagine di documenti acquisiti e le chat sui programmi di messaggistica, i computer e i server delle mail: i magistrati della procura di Roma che indagano sulla presunta mazzetta da 30mila euro «data o promessa» da Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e responsabile della Lega per l'ambiente, al sottosegretario Armando Siri, a sua volta indagato per corruzione, hanno iniziato a scandagliare il materiale sequestrato ieri per ricostruire i rapporti che l'imprenditore ha avuto con pezzi della politica e delle istituzioni. Argomento che potrebbe anche essere al centro dell'interrogatorio che nei prossimi giorni Arata, accusato di concorso in corruzione, potrebbe chiedere ai pm: un'ipotesi non esclusa dal legale Gaetano Scalise, che ha già annunciato il ricorso al Tribunale del Riesame. L'ipotesi di contatti con altri pezzi delle istituzioni, d'altronde, è indicata nel decreto di perquisizione che ieri ha portato gli uomini della polizia giudiziaria a perquisire le tre abitazioni di Arata a Roma, Genova e Castellammare del Golfo, le sue auto e le sedi delle quattro società a lui riconducibili: 'Etna srl', 'Solcara Srl', 'Alqantara Srl' e 'Solgestà srl.


Vi è uno «stabile accordo», scrivono il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi, tra Arata e Siri, quest'ultimo «costantemente impegnato, attraverso la sua azione diretta nella qualità di alto rappresentante del governo ed ascoltato membro della maggioranza parlamentare, nel promuovere provvedimenti regolamentari o legislativi che contengano norme ad hoc tese a favorire gli interessi economici dell' Arata, ampliando a suo favore gli incentivi per l'energia elettrica da fonte rinnovabile a cui non ha diritto». E il «fumus commissi delicti» di questo accordo va rintracciato nelle conversazioni tra Arata e il figlio Francesco, «nelle quale si fa esplicito riferimento alla somma di denaro pattuita», nei numerosi incontri tra indagati e nella «incessante attività» di Siri per far approvare le norme, «come emerge da ulteriori conversazioni che Arata ha intrattenuto tanto con i suoi familiari e sodali nell'impresa, quando con collaboratori» del sottosegretario e «con altre persone coinvolte (con ruoli istituzionali e non) nella redazione delle stesse». L'obiettivo è dunque di rintracciare nelle migliaia di documenti acquisiti o nei file telematici le tracce di questa ipotesi investigativa. Elementi che potrebbero arrivare anche dall'analisi dei bilanci delle società che Arata aveva con Vito Nicastri, l'imprenditore dell'eolico accusato di avere pagato la latitanza di Matteo Messina Denaro, tornato in cella ieri nell'ambito di una nuova indagine della procura di Palermo che lo vede indagato per corruzione.


I pm sono risaliti a tutte la partecipazione societarie di Arata nel business di Nicastri: i due erano soci nella 'Solcarà srl e nella 'Etnea srl', titolari di 16 impianti per la produzione di energia da fonte eolica nella provincia di Trapani, e in 'Solgesta srl', una società partecipata interamente dalla Solcara che sta sviluppando in provincia di Trapani e Siracusa due progetti per la realizzazione di impianti di energia elettrica e bio gas utilizzando rifiuti organici. Arata, dicono i pm, era a conoscenza dell'indagine a carico di Nicastri e nonostante quest'ultimo fosse ai domiciliari, continuava a parlarci. A volte con un metodo molto particolare. Nicastri, hanno infatti scoperto i pm, infilava le carte dei progetti che gli interessavano in un paniere, uno di quei contenitori con cui si passa la spesa, e lo calava dal balcone. E il contenuto finiva proprio ad Arata o a suo figlio Francesco.
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Il Messaggero