Berlusconi, addio a Palazzo Grazioli: trasloca nella villa che prestò a Zeffirelli

Non è una fine, è un nuovo inizio. Almeno così lo vede Berlusconi. E nella risistemazione personale e politica di tutto - «Il Covid è uno...

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Non è una fine, è un nuovo inizio. Almeno così lo vede Berlusconi. E nella risistemazione personale e politica di tutto - «Il Covid è uno spartiacque», ripete lui - rientra, nell'ottica del Cavaliere, la scelta di eliminare certe spese. E alcuni doppioni. Ovvero - come si sta chiedendo l'ex premier in questi giorni - ha ancora senso stare in affitto a Palazzo Grazioli, ormai non usato quasi più, quando s'è liberata la bella villa tra Appia Antica e Appia Pignatelli dove abitava e dove è morto lo scorso anno Franco Zeffirelli? Il maestro grande amico di Silvio - e infatti la dimora era piena di immagini dell'ex premier anche in formato matrioska e pure in compagnia di Dudù, mentre si chiama Dolly il Jack Russel che fu adorato da Zaffirelli - non stava neppure in affitto. Nel 2001, il Cavaliere comprò quella bella casa dove viveva scespirianamente Zeffirelli, soprannominato non a caso Scespirelli, la pagò 3 miliardi e 775 milioni di lire e la prestò per sempre al grande regista ed ex parlamentare forzista che ha sempre ripetuto: «Silvio è la persona più generosa al mondo». Certo, il luogo è decentrato ma la bellezza della dimora in un grande comprensorio che risale agli anni 30 è assoluta e soprattutto saranno sempre più sporadiche, come dicono i suoi, le visite dell'ex premier a Roma.


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Dopo l'estate dovrebbe cominciare il trasloco da Palazzo Grazioli, che di affitto costa 40mila euro al mese, e entro la fine dell'anno si chiuderà la lunga storia, dal 96, che lega il Cavaliere e la politica italiana dall'inizio della Seconda Repubblica a questo edificio. La cui grandezza è stata nell'ossimoro: un edificio monarchico e anarchico, esattamente come il Cavaliere. Ora ci sono soltanto quattro segretarie, un autista, alcuni uffici (quello di Valentino Valentini, quello di Sestino Giacomoni, la cosiddetta zona Letta), le stanze a disposizione di Confalonieri e Paolo Berlusconi quando pernottano a Roma, le sale riunioni, la sala da pranzo (soprannominata «lo scannatoio» considerando le litigate tra maggiorenti forzisti che lì si sono svolte sulle candidature), la cucina dove troneggiava il cuoco Michele (per i pranzi e cene tricolori che facevano dire a Bossi: «Qui si mangia poco e male») e i salotti, i salottini, i corridoi damascati del piano nobile in cui Putin lanciava la pallina a Dudù e tutto il resto. Compresi i divanetti in cui s'addormentava Paolo Bonaiuti quando Silvio lavorava fino alle 3 del mattino. O la grande stanza con la tivvù in cui si vedevano le partite ma anche dove capitava che il sovrano desse da mangiare al cagnolino reale e qui ha sempre troneggiato tutto l'anno, insieme a un plastico del Colosseo, l'albero di Natale alto oltre due metri e forte della preziosità di essere Swarowski.

ZUFFE E DOSSIER
Naturalmente in tutte queste stanze oltre a decidersi le liste elettorali e a stabilire chi comandava - una volta due super-big azzurri s'accapigliarono a colpi di dossier giudiziari e Verdini li dovette dividere: «Ma proprio qui dentro si fa il peggior giustizialismo? Ma siete impazziti?!» - si svolgevano feste e divertimenti. Come quando, per restare nella sfera politica, si affollarono di bella gente questi saloni, con i palloncini che volavano, per esempio per celebrare la vittoria del 2008. E chi non ricorda il vecchio parlamentino forzista nel palazzo? E l'ammezzato in cui si sfornava il Mattinale? E l'ansia bonaria di Berlusconi quando Tatarella andava in bagno: «Lo lascia sempre in disordine»? E la spending review della Pascale contro i leggendari fagiolini («Troppo carestosi!», esclamava in slang napoletano) a 80 euro al chilo? Ma questi sono i fasti di un tempo. Quando in piena notte se Silvio leggeva sui giornali freschi di stampa qualcosa che non gli garbava, chiamava l'Ansa. Gli passavano i dimafoni e lui: «Sono Silvio Berlusconi». E loro, per nulla colpiti dal calibro dell'interlocutore: «Va bene, titolo?». Ora è tutto un po' crepuscolare. E siccome Silvio non viene quasi più, il partito lavora nella sede di Piazza in Lucina.

Nel sintonizzarsi sul nuovo, nell'esigenza di andare all'essenziale, che riguarda anche un tipo sensibile come Berlusconi agli stati d'animo collettivi, rinunciare a Palazzo Grazioli è nelle cose. E come molti strappi sentimentali può fungere anche questo come una spinta verso il futuro. Tra Arcore, la villa di Marina in Provenza dove Silvio si trova benissimo e la voglia di frequentare Bruxelles come padre nobile del popolarismo europeista, per Berlusconi Palazzo Grazioli è una spesa non più essenziale come un tempo. E la ex villa di Zeffirelli, svuotata purtroppo di tutti i cimeli che sono andati nella Fondazione intitolata al maestro, è un posto magico dove recarsi quando serve, anche per lavorare con più concentrazione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero