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ROMA Una corsa contro il tempo. Letteralmente. Mentre piogge e grandinate si abbattono sulla Penisola senza compensare i livelli sotto soglia di laghi e fiumi, l’esecutivo prova ad accelerare sul piano contro la siccità. Tant’è che domani il cosiddetto Decreto Acqua potrebbe essere sul tavolo del Consiglio dei ministri, con al centro soprattutto una vasta opera di sburocratizzazione che libererebbe quegli 8,7 miliardi di euro già stanziati tra Pnrr, fondi Ue e risorse nazionali per costruire mini-invasi, rattoppare la rete idrica e incentivare l’uso delle acque reflue.
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Il condizionale però è d’obbligo. Al momento manca ancora un’intesa politica sul nome del commissario che, da qui alla fine dell’anno, si è stabilito avrà il compito di gestire l’emergenza e, in primis, velocizzare quelle «iniziative tampone» utili a evitare il razionamento dell’acqua potabile per 3,5 milioni di italiani e supportare gli agricoltori. Cioè soprattutto ad affrontare al meglio un’estate che, per dirla con le parole del ministro delle Infrastrutture (e titolare del tavolo interministeriale dedicato) Matteo Salvini, «rischia di essere complicata».
IL COMMISSARIO
Stando ad alcune ricostruzioni che circolano ai vertici dell’esecutivo del resto - dopo settimane di braccio di ferro con Fratelli d’Italia - a coprire la casella potrebbe essere proprio il vicepremier leghista.
LE MISURE
Al netto di chi sarà il nuovo commissario però, nel Decreto Acqua - accanto ad una campagna di sensibilizzazione sull’uso responsabile del prezioso bene - ci sarà un’opera di razionalizzazione degli enti della gestione idrica (sono 2.391), iter semplificati per i lavori di manutenzione e realizzazione di dighe e invasi (in modo da aumentare la quota di acqua trattenuta dall’attuale 11%) e un deciso affinamento burocratico.
Ad esempio si adeguerà la normativa italiana sulle acque reflue (risalente al 2003) a quella europea più recente (del 2020), che prevede soglie di utilizzo più alte. Dai depuratori italiani oggi escono fino a 9 miliardi di metri cubi di acqua e ne vengono però utilizzati solo 475 milioni di metri cubi, vale a dire il 5%. Un vero e proprio spreco considerando che secondo Coldiretti quest’anno oltre 3mila imprese agricole sono a rischio sopravvivenza.
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Il Messaggero