Renzi-Calenda verso il redde rationem, mosse e manovre in vista della scissione tra IV e Azione

Lunedì ci sarà la riunione dei senatori calendiani e renziani. Martedì quella dei deputati

Renzi-Calenda verso il redde rationem, mosse e manovre in vista della scissione tra IV e Azione
Lunedì ci sarà la riunione, con scissione incorporata, dei senatori calendiani e renziani. Martedì si terrà la riunione dei deputati e anche lì...

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Lunedì ci sarà la riunione, con scissione incorporata, dei senatori calendiani e renziani. Martedì si terrà la riunione dei deputati e anche lì sarà battaglia tra le truppe di Carlo Calenda e di Matteo Renzi.

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Il risultato di questa dopo incontro sarà che i due litiganti del terzo polo si divideranno per sempre (anche se in politica mai dire mai) e Italia Viva al Senato con sei senatori avrà il suo gruppo (capogruppo sarà l’ex dem Borghi) mentre i calendiani dovranno accontentarsi di finire al Misto, detto anche il Fritto Misto, insieme a Verdi e Comunisti che certo il leader di Azione  non ama. Per fare il gruppo alla Camera, Renzi ancora non ha i numeri (ma è appena arrivata da Azione la deputata ansime Grupponi che non ne poteva più di quella che lei chiama “casa Calenda”) e si spera, per averli, che ex renziani arrivino dal Pd la cui segretaria Schlein non vuole confermare come vicecapogruppo Piero De Luca, uno dei leader della corrente Base riformista e figlio del governatore campano Vincenzo De Luca già in rotta con la titolare del Nazareno. 

Come capogruppo alla Camera, Renzi vorrebbe Mara Carfagna. Allontanandola da Calenda. Matteo e Mara si sono visti alla festa di matrimonio di Salvo Nastasi e hanno conversato, ma nulla di deciso sul passaggio di Carfagna a Italia Viva. Così come Renzi ci tiene a sottolineare che Paolo Gentiloni sarebbe un suo sogno come super abdicato di Renew Europe alle elezioni comunitarie del 2024 ma questa bella idea non sarà realtà.  “Gentiloni - dice Renzi - non fa parte del terzo polo, è un amico, ma è nel Pd. Nel terzo polo ci sarà qualcuno che si incaricherà di mettere insieme tutti, e non sarò né io né Calenda. A Gentiloni spalancherei le porte, ma non credo che lo farà. Sta facendo il commissario, lasciamoglielo fare".  Dunque urge un frontman, o una frontwoman, per il 2024 e si troverà: magari proprio Mara Carfagna? 

Intanto si rafforza Renzi, anche sul territorio ormai sono decine i calendiani  che hanno scelto Matteo, e  il rivale ed ex sodale mastica amaro. “Carlo? Per lui - dice Renzi - non c’è una questione morale ma umorale. Se continua così lui non avrà nemmeno più il suo, di partito. E mi dispiace che mi attacca sempre, a me che guadagno e pago le tasse, usando la retorica dei grillini”. Tra moralismo e umoralismo, appunto. 

LE MOSSE

Quanto ai gruppi, come prima mossa per raggiungere il numero minimo di 6 senatori di Italia Viva (necessario per costituire un organismo  autonomo), Renzi ha prima convinto Enrico Borghi a lasciare il Pd e passare con lui. A quel punto, avendo messo Azione in minoranza, l’ex premier ha fatto scattare la fase due, quella del sabotaggio. Avendo annusato i mal di pancia interni ai calendiani, ha iniziato a diffondere voci che due pezzi da novanta come Carfagna e Mariastella Gelmini stavano trattando un clamoroso ritorno in Forza Italia. Ipotesi smentita da entrambe, ma intanto le voci avevano fatto breccia.


A questo punto è scattato l’assedio finale. D’un colpo, l’ex premier ha annunciato l’«acquisto» della deputata di Azione Naike Gruppioni e di Giulia Pigoni, consigliera regionale, segretaria del partito in Emilia-Romagna e fino ad allora fedelissima di Matteo Richetti, braccio destro di Calenda. La situazione si è così incancrenita che, nel giro di pochi giorni, i due partiti divorzieranno anche in Parlamento.

Tutto mentre Renzi ha riattivato i rapporti anche con una vecchia volpe come Beppe Fioroni, il quale gli aveva fatto una guerra senza quartiere quando era segretario del Pd. Ma in politica le cose cambiano. E ora pure Beppe, dopo aver lasciato i dem un minuto dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria, riceve strizzate d’occhio da Matteo. Il motivo? In Puglia, sfruttando la sua rete degli ex popolari-cattolici, Fioroni sta strappando due consiglieri regionali proprio ad Azione. Uno dei due è Ruggero Mennea, cugino del re olimpico Pietro.

La slavina del calendismo è in corso. L’altro giorno hanno mollato Calenda 38 membri del direttivo modenese di Azione e il segretario del Piemonte, Gianluca Susta. Modena significa Richetti, cioè l’attuale capogruppo calendiano del terzo polo alla Camera, che era amicissimo di Renzi, poi è diventato braccio destro di Calenda e l’ex premier gliel’ha giurata. Portandogli via tutto il gruppo dirigente della sua città. 

 

IL REDDE RATIONEM
Da entrambi i lati della barricata sono ben consapevoli insomma che tra lunedì e martedì andrà in scena il redde rationem, che porterà alla costituzione di due gruppi parlamentari autonomi. Quello renziani alla Camera potrebbe essere guidato da Maria Elena Boschi. Per dirsi addio,  Matteo ha trovato appiglio nelle ultime dichiarazioni di Carlo: “Insieme alle Europee? Con Renzi ho già dato. Ora basta”, ha detto Calenda. 
Anche nei divorzi politici, come spesso capita in quelli famigliari, il primo punto all’ordine del giorno è chiaro: i soldi, nel caso specifico quelli dei rimborsi ai gruppi parlamentari, benzina essenziale per coprire le spese della macchina dei partiti e per le iniziative politiche sul territorio. Fondi che per Azione si ridurranno, almeno al Senato, visto che avendo solo 4 senatori la squadra di Calenda deve passare al Gruppo Misto perdendo le risorse che si fanno a un gruppo autonomo. Italia Viva invece i soldi li avrà interamente, avendo una propria compagine indipendente a Palazzo Madama. 

Nel frattempo, secondo i rumors, per provare a ripartire in contropiede nelle ultime ore Calenda  avrebbe incontrato la senatrice dem Beatrice Lorenzin, sondandola per un eventuale cambio di casacca, offerta che sarebbe stata declinata. Alla Camera, previa deroga, Azione (11 deputati) e Italia viva (10) potranno costituire gruppi autonomi. 

In tutto ciò, mercoledì  prossimo, a Roma, è fissata la kermesse di Renew europe, prima vera tappa per costituire il partito unico dei moderati riformisti “alla Macron”. Doveva essere, quando fu progettata l’iniziativa,  il giorno delle grandi nozze nel partito unitario tra Renzi e  Calenda. E invece, se i due non si accapiglieranno davanti a tutti sarà un miracolo. In platea ci saranno sia Matteo sia Carlo. I quali ormai, da tempo, non si dicono nemmeno più “ciao”, nonostante a Palazzo Madama siano distanti appena qualche poltrona. All’evento di mercoledì si farà di tutto, per tenerli molto lontani ed per evitare la zuffa. Che politicamente però è già in corso con toni durissimi e colpi bassi. E di sicuro ci saranno altre sorprese in questa guerra dei Roses.

 

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Il Messaggero