È l'ora del grande gelo, a Palazzo Chigi. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si vedono, per la prima volta a tu per tu da settimane, senza avvertire Giuseppe Conte....
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Già alla Camera in 17 non votano e Roberto Fico esce dall'Aula. La temperatura è rovente però soprattutto tra Conte e il vicepremier leghista. Conte viene descritto parecchio irritato per essere stato accusato di un tentativo di ribaltone e lo dice: in caso di governo «andrei in Parlamento per trasparenza e non per una nuova maggioranza», bisogna «volare alto» e non ragionare «con i peggiori schemi della prima Repubblica». Ma Salvini scrolla le spalle. E contrattacca. «Mi interessano meno di zero» le parole di Conte su Savoini, dichiara nelle ore in cui il Pd formalizza la mozione di sfiducia nei suoi confronti (in questo caso in soccorso dovrebbero comunque venire i voti del centrodestra).
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quello il prossimo fronte, mentre tanti altri restano ancora aperti. Sull'autonomia la prossima settimana si affronterà la questione fiscale ma intanto, dopo un incontro di Conte con Stefani e Bonisoli, non si sciolgono neanche i nodi sui beni archeologici. La Lega è in pressing anche sulla Gronda. E sarebbe ancora lontana la soluzione del rebus commissario Ue. Resta sul tavolo l'ipotesi rimpasto. Nel faccia a faccia con Di Maio, Salvini lamenta scelte e dichiarazioni del ministro ai Trasporti Danilo Toninelli: i no più pesanti sono venuti da lui. Ma il capo M5s ribatte che anche su scuola, agricoltura e turismo (titolari i leghisti Bussetti e Centinaio) il governo non brilla. Sullo sfondo, resta il rischio di una crisi. Perché è vero che Salvini dopo aver parlato per un'ora con Di Maio dichiara che il governo «va avanti». Ma in casa Lega, pur raccontando un rapporto personale buono, smorzano l'ottimismo di fonti pentastellate che descrivono i due vicepremier andare avanti «spalla a spalla». Nella maggioranza si diffonde l'impressione di un asse tra i leader di M5s e Lega che esclude Conte. Ma anche questa immagine i leghisti smentiscono. Il punto, affermano, è che la durata del governo si misurerà sulle cose concrete: non servono faccia a faccia, ma - è la linea - risposte. E serve un premier, chiosa un deputato, che torni al suo ruolo di arbitro, senza protagonismi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero