Salva Stati, Di Maio: «Non mi piace, ma è necessario», ma non convince i ribelli

Salva Stati, Di Maio: «Non mi piace, ma è necessario», ma non convince i ribelli
Paragone voterà no, così come Grassi. Lucidi al massimo si asterrà, Lannutti continua a essere critico e anche altri stanno meditando cosa fare. Sul...

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Paragone voterà no, così come Grassi. Lucidi al massimo si asterrà, Lannutti continua a essere critico e anche altri stanno meditando cosa fare. Sul meccanismo europeo di stabilità, nonostante la mediazione di Di Maio, M5S potrebbe spaccarsi al Senato. In realtà i contrari a una risoluzione della maggioranza che verrà depositata solo questa mattina, dovrebbero essere pochi. Ma è un altro dato che potrebbe emergere quando il premier Conte prenderà la parola per ribadire che il governo punta alla logica del pacchetto e che il rinvio della firma del Mes servirà per arrivare a condizioni più agevoli per il nostro Paese.


Salva Stati, i magnifici 7 anti-Mes

A palazzo Chigi si ostenta una certa tranquillità: il documento la tesi - passerà senza problemi, è stato molto semplificato. Tutto ruota però intorno a un numero. Perché è vero che per il via libera serve una maggioranza semplice ma non sarebbe certamente un bel segnale se l'asticella di un governo che sulla carta conta 174 senatori, dovesse fermarsi sotto i 161 sì, ovvero la metà dell'aula. La Lega a palazzo Madama si è mossa con discrezione, ci sono stati contatti informali con quei pentastellati al momento sono tre che bussano alla porta e sono pronti ad entrare. E la previsione è che ci saranno molti banchi vuoti. «Si riproporrà quanto successo con l'ultimo intervento del premier in Aula», sottolineano fonti parlamentari lumbard. A non presentarsi oppure a non votare il testo messo a punto con fatica dal ministro dem Amendola e dal sottosegretario M5S Agea potrebbero essere tra i 15 e i 20 senatori.

PSICODRAMMA
Ieri è andato in scena un vero e proprio psicodramma nel Movimento. Prima una riunione alla Camera, una seconda al Senato, poi sempre a palazzo Madama altro incontro e in serata è saltata un'assemblea congiunta. «Alla fine però dicono i vertici pentastellati a mancare all'appello o a votare contro non saranno più di quattro o cinque dei nostri». Ma anche il Pd è in allarme. Il partito del Nazareno puntava a chiudere la risoluzione ieri sera, ma M5S ha frenato. Questa mattina ci sarà un altro confronto nel gruppo grillino per tentare di serrare le fila. Da qui l'irritazione dei dem. Perché la consapevolezza nel Pd è che il Mes non si può riformare, mentre si potrà negoziare sulle altre questioni sul tavolo, a partire dall'unione bancaria. «Si sta discutendo del nulla», allarga le braccia un senatore del Pd. Il punto fermo è che dovrà essere il Parlamento a dare l'ultima parola ma i dem hanno voluto inserire che il governo dovrà muoversi secondo una «logica di pacchetto» per di più «in modo progressivo». Un'ulteriore cautela che non è stata affatto gradita ai pentastellati.

Di Maio non è riuscito a convincere i più riottosi, pur facendo per tutto il giorno la spola tra Montecitorio e palazzo Madama. «In questo momento non bisogna intralciare l'azione di Conte», ha spiegato il leader ai suoi, «faremo la nostra battaglia più avanti, quando il quadro sarà più preciso e magari altri Paesi Ue si posizioneranno sulla scia dell'Italia». «Questo accordo non piace neanche a me», ha concluso Luigi ricevendo gli applausi dell'assemblea di gruppo. E' uscito allo scoperto il senatore Lucidi lamentando il fatto che nel processo di formulazione della risoluzione i parlamentari non sono stati consultati: «E' stato impossibile contribuire, così la nostra funzione è delegittimata». Malessere diffuso e manifestato non solo dagli oltranzisti Paragone e Lannutti. Mal di pancia anche nel gruppo delle Autonomie, anche se a partire dai senatori M5S non c'è certo voglia di andare a votare.

In realtà, pure nel campo del centrodestra non mancano le tensioni. Perché Salvini e Meloni puntano a una risoluzione comune e la pensa allo stesso modo Berlusconi. Si è lavorato fino a tarda sera per convincere l'ala moderata di FI a non presentare un proprio testo. Ci ha lavorato, spiegano fonti azzurre, l'ex capogruppo Brunetta. «Vedremo questa mattina sottolinea un esponente forzista se riusciremo a trovare la quadra. Noi però siamo europeisti e non possiamo accettare di essere trainati dai sovranisti». Il dibattito sul Mes, quindi, potrebbe essere la prova del nove anche per quegli esponenti di FI che non vogliono «morire salviniani». Tuttavia nella maggioranza e anche nell'opposizione si scommette che al di là dei segnali di insofferenza tra i dem e di fibrillazione continua in M5S i rosso-gialli oggi supereranno l'ostacolo. Bisogna vedere con quali numeri.
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Il Messaggero