Umbria, Conte: non è un test. Di Maio l'ha voluto accanto

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NARNI Tutti insieme, ma non appassionatamente. Basta guardare l'immagine, subito diventata in maiuscolo la Foto di Narni, quella che dovrebbe rappresentare «una coalizione che ha futuro», come la chiama Conte, il più enfatico di tutti, pur ripetendo che «il voto non è un test politico». E allora sotto la raffica di flash - «Non siamo mica delle belle ragazze», ironizza Zingaretti cercando di sminuire la prima foto in tandem di lui e Di Maio - nell'abbraccio dei leader, gli altri due sono Conte e Speranza, gli unici a posare affiancati ma senza sfiorarsi né sorridersi sono il premier e il ministro degli Esteri. Chissà, forse questo deriva dalla più classica competition is competition a chi dei due, ormai, è il vero capo del Movimento 5Stelle o almeno è quello che, da dentro e da fuori, viene ritenuto tale. Non è che - e questo farebbe pensare l'applausometro in suo favore dentro la meravigliosa ex chiesa medievale al centro di Narni - Conte sta facendo troppa ombra a Di Maio, che poi è quello che lo ha politicamente inventato? Luigi gli fa i complimenti per come sa palleggiare con tocco da fantasista brasilero pur essendo pugliese (il premier ha messo sui social la sua breve esibizione calcistica immortalata l'altro giorno nell'azienda di Cucinelli) ma per il resto nonostante i sorrisi si vede la distanza che separa ormai i due.


Umbria, elezioni: Conte, Di Maio e Zingaretti insieme. Speranza: «Renzi? Ognuno va dove lo porta il cuore

Ieri infatti è andato in scena un classico della politica. Far mettere la faccia su una sconfitta, per condividerla, a uno che non avrebbe voluto mettercela. C'è chi chiama questo «il trappolone Di Maio». Ovvero: ha fatto di tutto il leader stellato per trascinare in campagna elettorale Conte, che era restio a scendere in campo, perché in una fase così delicata dei rapporti tra i due Luigi non può permettersi di prendere una possibile batosta politico-personale in proprio. Lasciando l'altro immacolato e senza ferite. E così, pur nella preoccupazione mascherata da entusiasmo per la photo opportunity, una nota di sollievo si avverte chiaramente nelle parole che Di Maio ripete parlando con gli amici: «Conte ci ha messo la faccia». Ovvero, lui è riuscito a fargli mettere la faccia su un voto da cui non ci si aspettano grandi cose nel campo rosso-giallo. Mal comune mezzo gaudio?
 

Davanti a poca gente, e tutta di ceto politico a parte qualche anziano e un gruppetto di studenti, s'è così svolta a poche ore dal voto una cerimonia che racchiude tutte le difficoltà e le divisioni della coalizione di governo. Mentre Conte spinge molto sull'acceleratore («Qui c'è un esperimento interessante, una coalizione che ha futuro»), Di Maio sembra arretrare o divagare parlando di una Terza Via (ha letto il blairiano Antony Giddens con qualche decennio di ritardo?) e chissà se intende dire che dopo la fase giallo-verde e questa rosso-gialla appena accennata non ce ne debba essere un'altra ma non si capisce quale. Di fatto, anche ieri, sono parsi più in sintonia sul presente e sulle prospettive future, Conte e Zingaretti piuttosto che loro con Di Maio. Ma il trappolone umbro di Luigi a «Giuseppi» per ora è riuscito. La sconfitta in condominio - se davvero ci sarà e attenzione: il 30 per cento d'indecisi potrebbe ribaltare all'ultimo momento i pronostici - significherebbe un comodo zero a zero nel derby tra il leader stellato e il suo scalpitante rivale, molto celebrato da tutti.
Zingaretti compreso, che invece ieri sera in piazza ha tirato un fendente a Renzi dicendo che «le battaglie giuste si combattono tutte» (allusione al leader di Italia Viva che s'è defilato).

OPERA BUFFA

Ma il trappolone di Narni ha avuto anche risvolti comici. Conte aveva detto: «Non faccio campagna elettorale. Se la facessi, salirei sui palchi». E infatti ieri l'ha fatta, sul palco è salito e ha riempito di complimenti e di sostegno il candidato Bianconi. Al quale però s'è scelto di non dare la parola - come se a una festa l'unico a non essere protagonista fosse il festeggiato - sennò poteva sembrare che si trattasse, com'è stato in realtà, di una appuntamento elettorale in suo favore e non di un evento «per spigare le azioni e i successi del governo nazionale, come da retorica del premier. Poi tutti via, anzi no. «Andiamoci a prendere un caffè», propone Di Maio. I quattro moschettieri vanno in un bar del corso di Narni. Il caffè non è amaro. Il resto, sì.
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Il Messaggero