Giuseppe Conte è arrivato a Bruxelles «convinto che non servisse un veto» su Timmermans ma poi «si è trovato davanti il muro franco tedesco,...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Prima di partire domenica per Bruxelles, Conte ha sentito Di Maio e Salvini e ha anticipato loro che andando a Bruxelles si sarebbe riservato di valutare il nome di Timmermans, nella convinzione che non servisse un veto ma piuttosto un atteggiamento di dialogo costruttivo. E che l'obiettivo era perseguire gli interessi dell'Italia. E che anche Timmermans poteva dare all'Italia delle garanzie in tal senso», spiegano fonti di Palazzo Chigi, ricostruendo quanto accaduto a Bruxelles. «Nel consiglio europeo, però, Conte si è trovato davanti il muro franco tedesco, compatto nel voler imporre un pacchetto 'prendere o lasciare' e un metodo - quello degli spitzenkandidaten - su cui non c'era unanimità», proseguono. «Allora per il premier è diventata una questione di principio e di metodo, di rispetto non solo del ruolo dell'Italia, ma del ruolo stesso del Consiglio europeo, perché «l'Europa è a 28 e non a due». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero