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Alla Camera tutti aspettano l’arrivo di Marta Fascina, ma siamo a metà pomeriggio e l’Apparizione o il Miracolo, come tutti lo chiamano in Transatlantico, ancora non si vedono. E allora per ingannare il tempo si fa di conto tra i deputati intenti a votare il decreto Caivano comprensivo della partecipazione a sorpresa della vedova del Cavaliere mai più scesa guaggiù a Roma da quando ha subito «il perenne lutto» ma adesso sta qui e dorme a Villa Grande, quella ex Zeffirelli che Berlusconi aveva dato in comodato d’uso al grande regista esperto di Shakespeare (da cui il soprannome Scespirelli).
La conta
I conti, tra un divanetto rosso e l’altro lungo il corridoione dei “passi perduti”, riguardano i voti che sono necessari in Parlamento per approvare il premierato senza dover incappare nel referendum popolare che, notoriamente, non porta fortuna ai premier che hanno tentato la Grande Riforma (da Berlusconi a Renzi, mentre ora è Giorgia Meloni a provarci). La quota dei due terzi dei sì, che salverebbe dalla consultazione popolare, non è affatto a portata di mano. Ma quanti voti sono necessari per arrivarci? C’è chi dice 45 tra Camera e Senato. E chi fa invece calcoli di questo tipo. Sulla carta, i favorevoli alla Camera sarebbero 248 e al Senato 115. Molto lontani appunto dalla maggioranza dei due terzi, cioè 266 a favore alla Camera e 133 al Senato. Infatti FdI ha 118 deputati e 63 senatori, la Lega 66 e 29, Forza Italia 44 e 17, Noi Moderati 10 e 6, e i renziani 10 e 6. Gli 11 deputati e i 4 senatori di Azione vanno conteggiati nel fronte contro, che vede il Pd con 67 deputati e i 37 senatori, il movimento 5 stelle con i suoi 52 deputati e 28 senatori, oltre a Avs e Azione. Per Misto e Autonomie si vedrà.
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Le divisioni
Secondo questo calcolo, i voti aggiuntivi da racimolare sarebbero quindi 18 alla Camera e 18 al Senato per arrivare alla soglia dei due terzi.
L'attesa
Al Senato c’è La Russa che, avendo rapporti con tutti, è convinto che qualcosa si può racimolare. E perfino nei contiani, che in questa legislatura sono molto più compatti che in quella precedente dove era un continuo liberi tutti, c’è chi dal versante della maggioranza intravede qualche spiraglio. E si ragiona così a Palazzo Madama: «Se conte arriverà al 10 per cento al prossimo giro, dopo la prossima batosta alle Europee, sarà grasso che cola, quindi sono in cerca di casa gli stellati e con un voto sul premierato acquisiscono qualche diritto abitativo...». Ma chissà. Il tempo per trovare voti esterni è poco, se è vero che Meloni vuole arrivare alle Europee almeno con un primo sì per la sua riforma. Ma è poca anche la ciccia da offrire in cambio a un sì. Ma intanto meglio godersi l’Apparizione di Marta, se la Fascina smette di farsi aspettare.
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