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Né pugni sul tavolo né porte sbattute. Quando Giuseppe Conte lascia palazzo Chigi, impeccabile sotto il sole romano delle 13, la sensazione di chi resta all’interno è che qualcosa non torni. Non perché l’ora abbondante di faccia a faccia con il premier Mario Draghi non sia stata «positiva e collaborativa» come lasciano filtrare poco dopo, quanto perché i toni assunti dai grillini nei giorni scorsi ora appaiono tremendamente esagerati. La settimana trascorsa a minacciare ipotetiche crisi di governo non appena il presidente del Consiglio atterrava in qualche vertice internazionale, avrebbe quantomeno lasciato presupporre un confronto “franco e cordiale” per dirla attingendo alla retorica Dc.
IL SOSTEGNO
E invece, spiegano da ambo le parti, i toni di Conte sono stati pacati e Draghi si è limitato ad ascoltare. «Non lo ha mai interrotto», dice chi ha avuto modo di confrontarsi con il premier subito dopo il colloquio, «ma ha solo recepito».
«Non sorprende che molti dei punti indicati siano oggetto di attenzione comune». Il Movimento, ragionano a palazzo Chigi, del resto è parte della maggioranza e quindi molti dei temi sollevati si identificano in una linea di continuità con l’azione governativa. Il riferimento è esplicitato nella velina lasciata filtrare nel primo pomeriggio: «Tra i punti affrontati da Conte, in particolare, il Reddito di cittadinanza, il salario minimo, il cuneo fiscale, il superbonus, il caro bollette, il sostegno ai redditi medi, la transizione ecologica, la rateizzazione delle cartelle esattoriali».
Caos calmo in pratica, ma non del tutto. Perché un momento in cui il premier si è trovato a storcere il naso c’è stato. Quando Conte ha chiesto di ricevere una risposta al documento entro luglio - come poi ha palesato ai giornalisti nel pomeriggio - Draghi non si è espresso.
E pur dando la propria disponibilità per «incontrarsi prossimamente», a filtrare è l’indicazione che palazzo Chigi non può accettare scadenze su quella che di fatto è l’agenda di governo. Così come non ha alcuna intenzione di fissare da subito una data per riaggiornarsi in modo da evitare che il leader M5S cavalchi il calendario per alzare ad hoc la tensione. Non solo.
Con il fare asciutto e diretto già esibito in conferenza stampa la settimana scorsa, il premier ha anche disinnescato il tentativo di chiarimento-scontro sui messaggi che Conte gli imputa di aver inviato a Beppe Grillo per chiedere la sua testa. La posizione è rimasta quella già ribadita: «Quei messaggi non esistono». La provocazione del «li tirino fuori» invece, sarebbe stata risparmiata da Draghi all’avvocato pentastellato che, sul punto, finalmente questa volta glissa: «È una questione in cui non voglio entrare».
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