Mara Carfagna, testimonial della campagna "Non è normale che sia normale”: «Stop a violenze e pregiudizi»

Ha presentato la campagna "Non è normale che sia normale", per sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo la violenza sulle donne ". Un tema al quale,...

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Ha presentato la campagna "Non è normale che sia normale", per sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo la violenza sulle donne ". Un tema al quale, ancora oggi, dedica gran parte delle sue energie, dopo aver fatto approvare, ormai 9 anni fa, la legge sullo stalking. Mara Carfagna, vice presidente della Camera ed esponente di Fi, non nasconde di aver dovuto combattere (e di farlo tuttora) contro pregiudizi e sessismo: «Nei confronti della donna – dice, ospite di MessaggeroTv - c'è sempre un pregiudizio che si trasforma in una presunzione di inadeguatezza fino a prova contraria: e l'ho vissuto sulla mia pelle. Per gli uomini, invece, vale l'opposto, perché si presume che siano adeguati, fino a prova contraria». «C'è ancora sessismo in politica – sottolinea - che rispecchia quello nella società. Quello che mi preoccupa è la condizione delle donne che fanno i conti, tutti i giorni, con pregiudizi, stereotipi, ma anche violenze e soprusi di ogni genere. E' per quelle donne che dobbiamo lavorare». Queste battaglie – fa notare ancora - si sono «contraddistinte per la trasversalità: noi donne siamo sempre state capaci di superare gli steccati politici ed ideologici, anche durante stagioni in cui la contrapposizione politica era molto forte».

 
«La legge sullo stalking, che ha dato alle donne italiane uno strumento in più per potersi difendere dagli atti molesti e intrusivi - ricorda - è nata nel 2009: l'ho portata in Cdm nel giugno del 2008, dopo aver incontrato la mamma di Maria Antonietta Multari, una donna uccisa a coltellata dopo una brutale persecuzione. Aveva sporto numerose denunce, ma non c'è era ancora il reato di stalking. Quella legge fu approvata all'unanimità, in un periodo politicamente complesso, quando la contrapposizione politica era aspra. E così spero che sarà quando si discuterà il mio emendamento per aiutare e finanziare le famiglie affidatarie di orfani di femminicidio: spesso zii e nonne che non hanno i soldi per sostenere un percorso educativo e di crescita di questi bambini. Bisogna essere al fianco di queste persone».
 

Un altro fronte prioritario è quello dell'antisemitismo: «Troppo spesso leggiamo di episodi di cronaca a sfondo antisemita. L'antisemitismo tenta di rialzare la testa in Italia e in Europa. Prende forme diverse, come quella dell'antisionismo, dell'odio nei confronti dello Stato di Israele: e chi nega il diritto di Israele di esistere come Stato del popolo ebraico, lo fa per un pregiudizio antiebraico. Non si può negare e contestare il diritto di Israele di esistere come quella patria in grado di difendere tutti gli ebrei del mondo, qualunque cosa possa accadere: e noi ci auguriamo che la storia non si ripeta e che nulla di quanto accaduto possa ripetere». Una collega-politica che boccia? Sicuramente Virginia Raggi: «Ha deluso una città, tante persone che l'hanno votata e che mi dicono che avevano molta speranza in lei. Oggi quelle persone mi raccontano che Roma non ha mai conosciuto una stagione così triste: è una città sporca, invivibile, dove il degrado la fa da padrona in tutti i quartieri. E' una città senza governo, senza una guida: mi auguro che si possa presto liberare di un sindaco che ha dimostrato la sua incompetenza, un sindaco incapace di dare risposte concrete alla città». Quanto al futuro premier, dopo Conte, non ha dubbi: «Sceglierei come cittadina il miglior presidente del consiglio che l'italia abbia mai avuto dal 1994 ad oggi. Per tutte le cose che ha fatto e per la capacità che avrebbe di mettere a disposizione del suo paese la credibilità». «Mi auguro che questo governo duri il meno possibile - ha concluso - perché rappresenta un pericolo per il nostro Paese: per i risparmi degli italiani, per la salute dei bambini (viste anche le posizioni contraddittorie sui vaccini), un pericolo per i posti di lavoro che vengono bruciati, per lo sviluppo infrastrutturale. Alle europee dovranno dire da che parte stanno: se vogliono che l'Italia resti in Europa oppure ne esca».







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Il Messaggero