ROMA La citazione è già scritta. Perché i vertici del M5S volevano presentarla a settembre, quando la senatrice Gelsomina Vono passò a Italia Viva. Ma...
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Di Maio: «Da solo il capo politico non ce la può fare, dagli stati generali M5S un'organizzazione più efficace»
IL PARERE
A dare solidità a questa nuova battaglia legale è un documento dell'Agenzia delle Entrate che proprio lo scorso settembre stabilì che le restituzioni (minimo 2mila euro al mese) vanno inquadrate «non si tratta di donazioni ma dell'adempimento di un obbligo giuridico che i parlamentari eletti della XVIII legislatura sono tenuti ad assolvere proprio in virtù della qualifica soggettiva di eletti quali parlamentari».
Un pezzo di carta pesante, per il M5S, che punta così di incanalare la causa verso una vittoria dai contorni clamorosi.
Nell'atto di citazione - di cui Il Messaggero è venuto a conoscenza - si spinge anche su un'altra leva per punire le tasche dei parlamentari che hanno deciso di lasciare il M5S: il rimborso per la campagna elettorale. Tecnicamente, infatti, al momento della candidatura tutti si impegnano a pagare una multa da 100mila euro in caso di passaggi di casacca. Nessuno finora lo ha mai fatto spontaneamente.
Il M5S vuole convincere i giudici che da parte dei transfughi c'è stato comunque un impegno non rispettato perché, a fronte di una campagna elettorale totalmente a carico dei vertici, chi se ne va fa mancare il rispetto «dell'obbligo giuridico» con le restituzioni e reca, inoltre, un ulteriore danno economico al partito che gli pagò la corsa verso gli scranni di Palazzo Madama o Montecitorio.
In questa nuova guerra legale pronta a scoppiare sono importanti i giorni: la prossima settimana infatti scadranno i 10 giorni che i probiviri hanno dato di tempo ai morosi per mettersi in regola. Sono circa una trentina le lettere partite. Per chi non lo ha fatto e per le situazioni più gravi si procederà con l'espulsione o con la sospensione.
Due evenienze che spingeranno comunque i deputati e senatori nel mirino (i casi più gravi girano intorno alle otto unità) verso il gruppo Misto, dove Lorenzo Fioramonti sta brigando per costruire la sua nuova creatura, Eco. Anche l'ex ministro potrebbe finire in tribunale in quanto moroso: nel 2019 non ha verso un euro al Movimento. «E pensare che i 2 milioni raccolti dai parlamentari andranno per le scuole italiane», annotano con perfidia i vertici M5S.
In questi giorni, i parlamentari indietro con le restituzioni si stanno attivando per cercare un compromesso con i vertici grillini. Adesso, però è pronta a piombare sulla partita interna la mossa legale che potrebbe convincere molti a pagare o addirittura a non spingersi verso il grande salto. Uno spauracchio anti-scissione? «In un certo senso sì, o meglio partendo dal diritto potrebbe sortire anche questi effetti politici», dice chi sta lavorando al dossier. D'altronde sono giorni caldi nell'universo pentastellato. Di Maio assicura che nulla sarà come prima: la gestione collegiale del partito viene considerato uno scenario scontato. Il migliore. Perché c'è anche una fronda di ribelli che spinge per una dimissione netta del ministro degli Esteri.
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Il Messaggero